
Spopolamento, strade dissestate, servizi che arrancano: sono emergenze quotidiane per chi amministra e per chi vive nelle cosiddette aree interne del Piacentino, quelle a deficit di sviluppo, quelle fuori dai radar. Negli ultimi anni, la classificazione di “comune montano” ha rappresentato, in alcuni casi, un’opportunità concreta: fondi dedicati per infrastrutture, sanità e scuole, agevolazioni fiscali per cittadini e imprese, incentivi per contrastare lo spopolamento e maggiore autonomia nella gestione delle risorse. Sulla carta, tutto chiaro. Ma ora la nuova legge sulla montagna, promossa dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, accende un faro di preoccupazione sul territorio. Da un lato la norma stanzia 200 milioni di euro all’anno per interventi nelle aree montane di tutta Italia. Dall’altro, però, introduce criteri che potrebbero escludere parecchi comuni dell’Appennino piacentino, complicando ulteriormente la vita amministrativa in zone già difficili.
A lanciare l’allarme è il consigliere regionale Lodovico Albasi ( Pd): « I comuni che rischiano di perdere la classificazione montana sono Bobbio, Corte Brugnatella, Piozzano, Travo, Bettola, Gropparello, Vernasca e Alta Val Tidone.», elenca. «Verrebbero invece confermati come montani Cerignale, Coli, Ottone, Zerba, Farini, Ferriere e Morfasso. Anche nel resto della regione la riduzione sarebbe drastica. Si passerebbe da 121 a soli 40 comuni montani in Emilia-Romagna».
Secondo Albasi, i nuovi parametri di altezza e pendenza sembrano pensati più per le Alpi che per l’Appennino e la legge ha «più il sapore politico e leghista che tecnico».
Al momento, però, mancano i decreti attuativi: “Nulla è definitivo, ma il rischio resta concreto”. Albasi annuncia battaglia e promette di «chiedere alla Regione Emilia-Romagna di farsi portavoce delle istanze dei comuni piacentini, per modificare la norma e garantire che il territorio non perda accesso a fondi e agevolazioni». Il consigliere sottolinea inoltre un altro problema pratico: “Politicamente stride che servano 12 decreti attuativi. Significa che le risposte arriveranno tra molti anni. Il minisrto Calderoli sostiene i territori a parole, ma nei fatti non cambia nulla, anzi, aumenta l’incertezza». L’Appennino piacentino, intanto, attende e osserva: la definizione di “comune montano” non è solo un titolo, ma una questione concreta di sopravvivenza amministrativa per i territori, tra infrastrutture da sistemare, scuole da mantenere e servizi da garantire, in un contesto già fragile e segnato dallo spopolamento.
C’è preoccupazione tra i sindaci piacentini che rischiano di perdere la classificazione di “Comune montano” nei loro territori.
A Bettola, Paolo Negri evidenzia l’impatto della nuova normativa: “La sede del nostro municipio si trova a 329 metri, ma il territorio raggiunge anche i mille metri, basta spostarsi di poco. Perdere questa classificazione sarebbe un problema per partecipare a bandi e ottenere finanziamenti”.
«Risorse già calate”
Anche Franco Albertini, sindaco di Alta Val Tidone, guarda con attenzione alle risorse: “Non ho ancora approfondito la riforma, ma se ne parlava già anni fa di alzare la quota di altitudine per la classificazione di “Comune montano” Negli ultimi trent’anni le risorse destinate alla montagna sono diminuite notevolmente. Perdere questo status significherebbe rinunciare a finanziamenti diretti riservati ai comuni montani. Pur essendo importi modesti, ogni contributo è prezioso: per noi si tratta soprattutto di bandi regionali, circa 25mila euro all’anno
“Una legge non esiste”
A Bobbio, Roberto Pasquali non nasconde lo scetticismo: “Oggi i vantaggi della classificazione montana sono limitati soprattutto a pochi fondi regionali e nazionali. Una vera legge sulla montagna non esiste: tutti parlano di salvaguardarla, ma servono risorse concrete per garantire servizi e opportunità che mantengano le persone sul territorio. Perdere questo status, comunque, sarebbe comunque un problema non da poco”.
“Mancano soldi e idee”
Il sindaco di Vernasca, Gian Luigi Molinari, sottolinea la criticità della situazione: «La classificazione influisce sulla ripartizione dei fondi per viabilità e su alcune agevolazioni per privati. Togliere il titolo sarebbe un’ulteriore penalizzazione, senza una strategia chiara per l’Appennino. In altre regioni, come le Marche, si sono istituite zone economiche speciali e si discute di aree depresse. Qui, invece, mancano risorse e idee. A Vernasca, grazie allo status di comune montano, riceviamo circa 50mila euro all’anno per servizi e manutenzione, ma i fondi non sono mai abbastanza. Solo per asfaltare le strade servirebbero 250mila euro e ne abbiamo a disposizione 70-80mila».
Thomas Trenchl
(Articolo tratto dal quotidiano”Libertà”)
(Nella fotografia panorama di Bobbio)
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