Don Francesco Guaraglia abile diplomatico e Don Pietro Bava rinomato “medico-dentista”

L’avvocato Francesco Bongioanni (1884/1970), ottonese per nascita e per vocazione, già apprezzato penalista del foro di Milano, quindi di Piacenza, ricordava con molta stima don Francesco Guaraglia. Al Prevosto di Campi riconosceva spiccata intelligenza giuridica. Citava, talvolta, riflessioni e pensieri… elaborati dall’illustre parroco, nel suo impegno per la giustizia nella carità (non ha mai voluto un soldo da nessuno).

Don Silvio Moscone (1903/1986), nativo di Fontanarossa di val Trebbia, ma rimasto incardinato nella diocesi di Tortona (parroco a Mairano di Casteggio), dopo lo smembramento e il passaggio delle parrocchie tortonesi della nostra valle a favore di Bobbio, in una sua pubblicazione dei primi anni’60 del secolo scorso, scrive: “Don Francesco era un Sacerdote buono e generoso ed in oltre un grande giurista. Abile diplomatico, incuteva rispetto e fors’anche timore a giudici ed avvocati. La sua canonica: un porto di mare! Gente e confratelli in attesa di essere ricevuti per un consiglio, un parere, un appoggio. Restituiva sempre e comunque tranquillità all’animo. Quasi sempre evitava conflitti, spese ed affanni”. Secondo testimonianze dirette ed indirette, inoltre, arrivato mezzogiorno, il visitatore di turno diventava naturale, gradito ospite a pranzo in quella generosa Canonica.
Don Francesco si esercitava, talvolta, ad immaginare casi di contenzioso “nuovi ed impegnativi” prodigandosi a trovare soluzione giuridicamente fondate, rese in bella forma letteraria e grafica. Raccoglieva le sue carte in ordinati fascicoli, riposti in bauli e librerie, variamente diffusi nelle stanze della canonica. Un vero peccato che di tante “sudate carte”, non risulti essersi conservato alcunché.

Don Pietro Bava era stato nominato arciprete di Gorreto (1935/56), ad istanza del principe Centurione, essendo la Chiesa di Santa Caterina giuspatronato della nobile famiglia genovese. Dotato di superiore intelligenza e grande umanità serviva Dio e la sua gente come uomo di fede e come esperto in medicina ed odontoiatria. A Gorreto veniva consultato da innumerabili persone, talvolta provenienti da lontane località, alla ricerca di rimedi per la salute. Possedeva, in effetti, un incredibile intuito diagnostico, grande sensibilità, competenze. Dava fiducia, sosteneva, orientava. Il suo tempo libero (sempre poco e quasi sempre sottratto al sonno), era dedicato a studi di anatomia, fisiologia, farmaceutica… materie in cui si muoveva con notevole padronanza. Conosceva, inoltre, metodologie terapeutiche suggerite dall’esperienza o tramandate dalla civiltà rurale, empiriche, forse, ma di certo degne di rispetto e valide nell’impossibilità di immediate scientifiche alternative. Non poche conoscenze mediche gli provenivano dalla vastissima cultura, dai molti libri di piante ed erbe medicinali di cui disponeva e ai quali si riferiva con profitto. Consigliava a tutti semplici regole di igiene e profilassi, rimproverava gli eccessi, invitava sempre alla prevenzione delle malattie, ancorché in salute, mediante alimentazione frugale e differenziata.
La Scuola Salernitana gli avrà suggerito che “la prima digestione degli alimenti comincia dalla bocca”, considerato l’auspicio rivolto a tutti di nutrirsi masticando a lungo. Nelle sue “terapie” non mancavano consapevoli intuizioni psicologiche circa l’origine di molte patologie, nel loro sorgere e radicarsi e, conseguentemente, la cura appropriata e la possibile guarigione, Teneva in gran conto, infatti, l’evangelico insegnamento al quale spesso si riferiva, consigliando: “vogliatevi bene, non fatevi del male, rispettatevi, aiutatevi, sopportatevi!” ed ancora: “Vivete in pace con voi stessi e il mondo; Fortificate in voi le virtù della prudenza, della giustizia, della pazienza…; impariamo a metterci nei panni degli altri…; la prima cosa che ci viene in mente è quasi sempre sbagliata…” In questi semplici pensieri (apparentemente), c’era e continuerà ad esserci, la miglior panacea possibile a presupposto della salute del corpo e dello spirito.
Don Pietro non si era mai sostituito a medici e dentisti, con i quali, per altro, collaborava facendosi spesso intermediario tra loro ed i pazienti. Dentisti e medici, comunque, saranno stati presenti nei centri più importanti della valle, ma nei decentrati borghi rurali, sparsi sull’Appennino, specie nei mesi invernali, spesso diventava esclusivo sbocco ed indispensabile rimedio, potersi riferire a qualcuno del luogo, con almeno qualche competenza e manualità. Don Bava, negli anni giovanili, era stato parroco a Bertone e Pizzonero: due frazioni, come tante altre della nostra montagna, spesso isolate, per la neve o per lo stato delle mulattiere. Le sue conoscenze mediche, dentistiche, farmaceutiche… furono utilissime alla sua gente che lo contraccambiava con affetto spontaneo e molta stima.
In quei lontani anni, già noto e ricercato “medico” e “dentista”, tempo e mulattiere permettendo, gente di Ottone, Traschio, Fabbrica… lo raggiungevano a piedi (da Ottone a Bertone necessitavano circa due ore di viaggio), particolarmente al fine di cura o estrazioni di denti… Operazioni nelle quali sembra non avesse uguali, pur nella disponibilità di generici ed approssimati strumenti ed ambiente di lavoro.
La sua parcella consisteva nell’accompagnare in Chiesa il “paziente” di turno, dopo la visita o l’intervento, per una preghiera seguita dall’invito a riporre piena fiducia nella Fede.
Durante la Prima guerra mondiale era stato cappellano militare al fronte, nel corpo degli alpini. Si dice, purtroppo, avesse dovuto passare, molto spesso, dal confessionale alla sala operatoria, collaborando quale “super infermiere” all’attività dei medici, intenti, talvolta, a difficili, estreme pratiche operatorie.
Sul finire della Seconda guerra mondiale, in municipio ad Ottone, presso l’attuale sala del Consiglio Comunale, si era riunito il Tribunale di Guerra, chiamato ad esaminare la posizione di un giovane, coinvolto in un caso complesso, comportante il rischio di condanna a morte. Fu ammesso alla difesa don Pietro Bava (in seguito alla dipartita di don Guaraglia (+1944), aveva assunto anche il compito di “avvocato”). In quella impegnativa circostanza seppe con tale eloquenza, umanità, e giuridica competenza portare il suo personale contributo al raggiungimento del vero e del giusto… da determinare l’assoluzione dell’inquisito.

Attilio Carboni

(Articolo tratto dal N°33 del 29/09/2011 del settimanale “La Trebbia”)

 

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