Il tour delle chiese in Val Trebbia

Proposta alternativa e medita­tiva, neanche male in questo periodo di crisi, conflitti, etica traballante: un tour delle chiese, chiesette e cappelle votive che si adagiano, spesso da secoli e secoli, a punteggiare le verdi borgate della Val Trebbia. Un’escursione “intelligente”, da unire con le passeggiate fuori porta, perché anche in questo modo si trova una delle tante (e non certo la meno interes­sante) chiavi di lettura della storia e della civiltà contadina di questa anti­chissima comunità.

Per partire dal top, si può comin­ciare con il santuario di Montebruno, eremo mariano degli agosti­niani, eretto nel 1478 dopo il racconto dell’apparizione della Madonna a un bambino privo di udito e parola che ri­cevette immantinente la grazia: ora ospita anche il museo della cultura contadina, e al suo interno, oltre alla statua lignea in faggio della Vergine, ci sono anche un crocifisso del 1600 e un bel confessionale, pressoché coevo.
A Fontanigorda, le chiese interessanti sono più di una: a Canale c’è Santa Giustina, sul Fregarolo la deliziosa cappella eretta a gloria di San Rocco e della Madonna, attivi in favore della popolazione durante una furibonda epidemia a metà del Novecento; e poi ancora, a Casoni c’è la chiesa di San Bartolomeo, con un campanile po­tente, in pietra grezza, che risale al 1840, eretto dai volonterosi parroc­chiani.
Bella e austera anche la chiesa di Casanova di Rovegno che na­sconde, dietro l’altare, uno splendido coro. Dalla piazza della chiesa, fatti pochi chilometri, si può andare alla scoperta di una piccola cappella vo­tiva immersa nel verde del bosco dei Laghi.
Obbligatoria una sosta a Pentema, alla chiesa parrocchiale, piuttosto grande, con la sua preziosa madon­nina in legno, e nella minuscola Rondanina, con la chiesetta dedicata a San Nicola, che gli archivi descrivono rifatta verso la fine del XIII secolo su un precedente edificio romanico, del quale peraltro si individuano ancora i resti.
A Propata si trova invece la bel­lissima chiesa parrocchiale di San Lo­renzo, costruita in epoca barocca, che custodisce interessanti tesori, una statua lignea del Maragliano, un coro della fine del 1600 e un altare barocco.
Imboccando poi la strada verso il Piacentino, prima di arrivare al confine della provincia si trova Gorreto, e si incontra, sulla grande piazza vicino al castello, la parrocchiale dedicata a Santa Caterina, che ospita un meraviglioso confessionale, che pare risalga al XV secolo.
Poco oltre, si arriva nella frazione di Fontanarossa, dove tro­viamo la chiesa di Santo Stefano, un bel tuffo nel pieno Medioevo, proprio intorno al fatidico anno Mille, anno in cui fu eretta la primissima struttura. E qui bisogna fermarsi un momento ad ammirare e respirare le atmosfere dei secoli bui, ben raccontate dalle pietre tombali e dalle croci in ferro, tra cui una molto grande, che simboleggia la Passione e la Morte del Cristo.
Pochissimi chilometri in avanti, a nord, si passa il confine provinciale e si arriva a Ottone, bel borgo sovra­stato dai resti della Rocca dei Malaspina, con mura in sasso e le strette fe­ritoie. Qui si trova la bella e antica pieve di San Bartolomeo, sorta proba­bilmente intorno all’anno Mille, quando era utilizzata come rifugio per i pellegrini e viandanti, che fu comun­que ricostruita quasi totalmente nel 1598 inglobando gli elementi super­stiti di tre costruzioni precedenti. En­trando nella pieve, ci si trova immersi in un interno spoglio e pavimentato in purissima ardesia, e si incontra una bella statua lignea del santo che qui viene venerato.
Andando ancora avanti, e sempre sforando in terra pia­centina, ma ancora Val Trebbia a tutti gli effetti, vale la pena di fermarsi a Bobbio, da molti conosciuta come la Montecassino del Nord Italia proprio per la sua importante abbazia fondata nel 614 dal monaco irlandese Colom­bano, sui resti di una chiesetta dedi­cata a San Pietro. Il campanile roma­nico e il relativo absidiale che comple­tano questa bellissima abbazia sono invece fatti risalire intorno all’anno Mille.
Da non dimenticare, infine, per i buoni camminatori, poi, la cappelletta del Monte Antola, detta anche cappelletta del Bucci, da poco restau­rata e dedicata giustamente a San Uberto, protettore della gente che vive in montagna. Dalla frazioncina dei Buoni di Pentema, in comune di Torriglia, ci si arriva in circa 25 minuti di buon passo E si gode di un pano­rama incomparabile, respirando fi­nissima aria di altura. Per molti si tratta di uno dei modi migliori per sentirsi davvero vicini al cielo.

Mara Queirolo

(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 02/08/2009)
(Nella fotografia la chiesa di Santo Stefano a Fontanarossa)

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