Gorreto, ultima frontiera: “Riaprire il nostro castello unica via per non morire”

Il primo cruccio è la classifica che li ha inchiodati al settimo posto, mentre per beneficiare del finanziamento europeo sarebbe stato necessario arrivare entro il sesto. Non importa, perché prima o dopo ce la faremo: vedete il libro, la tesi universitaria e il progetto qui davanti, sulla scrivania? Da queste carte passa la salvezza del nostro Comune.
Gian Carlo Capelli è il sindaco di Gorreto, avamposto di Liguria al confine con l’Emilia in Val Trebbia, lungo la Statale 45 che prosegue verso Ottone e Bobbio. L’ultimo censimento indica 97 abitanti e sì, non c’è più molto tempo per rimediare. É un dato che lascia indifferente soltanto chi ignora la storia di queste zone, perché ai primi del secolo scorso i residenti stabili erano 1264, ma da allora la popolazione è sempre calata. Capelli esita un secondo, poi riparte. L’unica possibilità per non diventare un paese-fantasma è offerta dalla cultura, nel senso più prospettico del termine. Bisogna recuperare in pieno Palazzo Centurione, il nostro castello. E una volta reso nuovamente accessibile sa- rebbe fondamentale che l’Università posizionasse qui un centro di studio, come si era profilato in passato.

DAI BACHI DA SETA AL FUTURO

Nel 1650 il genovese Giorgio Centurione salì a Gorreto per una battuta di caccia, rilevò un rudere dai Malaspina creandovi in primis uffici e fabbriche per coniare le monete, adattando in seguito un’ala dello stabile all’allevamento dei bachi da seta. L’edificio, tanto fascinoso quanto oggi fatiscente, campeggia al centro del grappolo di case ancora abitate d’inverno un po’ di più durante l’estate. E però bisognerebbe rimetterlo in sesto a stretto giro, prima che infiltrazioni e umidità facciano collassare i piani superiori: a quel punto la demolizione sarebbe inevitabile e Gorreto davvero perderebbe l’ultimo, possibile catalizzatore di risorse, considerati i problemi per la pesca alla trota che ora vive stagioni altalenanti.
Per fortuna -insiste Capelli- l’immobile è stato comprato dalla Città Metropolitana, ma urgono comunque risorse per il restyling. E’ abbordabile l’opzione di un insediamento universitario, laddove una ristrutturazione da almeno 2-3 milioni di euro andasse in porto? Un pre-accordo con l’ateneo nell’ultimo biennio era stato in effetti raggiunto, incardinato su due elementi: la possibilità di trasformare il Palazzo in un polo per approfondire emergenze naturalistiche, e quella di renderlo al contempo una delle principali porte d’ingresso al Parco dell’Antola, realizzando magari una foresteria.
Si tratta comunque di un’ultima spiaggia, perché a differenza di altri centri del la valle (per esempio Rovegno o Fontanigorda e ovviamente Torriglia) qui l’apporto delle seconde case è residuale, ancorché la bella stagione rappresenti un momento più redditizio poiché cresce il passaggio di ciclisti e motociclisti. C’è ormai solo un negozio che vende un pò di alimentari nelle prime ore del mattino, due le piccole imprese a conduzione familiare che combattono per ri manere in piedi.

STORIE AMERICANE

In attesa di capire se sarà possibile aggiornare una storia lunga quattrocento anni, raccolta in un raro volume a cura di Caterina Gardella che si sofferma sui particolarissimi rapporti di Gorreto con la Repubblica di Genova, Capelli rievoca la coincidenza d’in- trecci americani che segnano la zona.
Più studi accreditano la madre di Cristoforo Colombo originaria della frazione Fontanarossa, e va ricordata soprattutto la biografia di George Richard Moscone.
Gli avi da Gorreto emigrarono negli Stati Uniti e lui fece il sindaco di San Francisco dal gennaio 1976 al 27 novembre 1978: quel giorno fu assassinato all’interno del municipio insieme ad Harvey Milk, militante del movimento di liberazione sessuale, dall’ex consigliere comunale Dan White che Moscone aveva rimosso.
-Pochi anni fa invece e arrivò in paese un importante magnate del petrolio -chiude Capelli- con tutta la sua corte, calamitato dalla facilità della pesca alla trota. Purtroppo non l’abbiamo più visto. Nel primo pomeriggio torna invece in paese Sergio Verdacchi, fotografo genovese. Ha deciso tempo fa di aprire un bed &  breakfast attivo dalla primavera inoltrata in avanti. Lui nella sopravvivenza dell’hinterland in qualche modo crede e investe: “Sono qui dal 2013, ho comprato un palazzotto dopo aver rivenduto una casa in città, non avevo alcun collegamento con la Val Trebbia. All’inizio ho trasferito migliaia di libri, poi è venuta la mia attività. E sono felice se posso dare una mano affinché Gorreto sopravviva”.

Matteo Indice

Articolo tratto da Il Secolo XIX del 05/03/2023
La fotografia di Gorreto è di Bruno Ravera

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