Storia di una valle e dintorni – 14a parte

La terza occupazione di Bobbio e l’intensificarsi degli scontri.

Lo sgombero della città avvenne nella notte del 3 marzo (1945), lungo la strada per Piacenza, con la protezione di pattuglie che facevano ala ai fianchi della colonna. Il nemico aveva preso tutte le misure e precauzioni per evitare sorprese da parte nostra. Nonostante tutto non l’avrebbe fatta franca se noi non avessimo avuto le munizioni contate che ci impedivano di attaccarlo, perché anche quella notte la VII brigata era in allarme e vigilava, schierata dalla parte nord della città al Passo di Barberino. La colonna ci sfilò dinanzi in ordine di combattimento, procedendo con cautela e coi fari spenti. Ai reparti di avanguardia e al grosso seguivano gli autocarri carichi del materiale e per ultima l’infermeria da campo con le autoambulanze; diedi ordine di non far fuoco.
Mentre gli alpini frementi sorvegliavano l’esodo con le armi puntate, alle 5 del mattino con una pattuglia calavo in città dalla parte del ponte Dorbida, mentre i civili che ancora non si erano accorti del nuovo cambio di guardia ci guardavano trasecolati.
L ’accoglienza fu grandiosa, massimamente quella che ci serbò all’Albergo Barone la famiglia del nostro partigiano Massimo Longhi.
L ’entusiasmo della popolazione fu parimenti grande e sincero. Con noi aveva sofferto e saputo resistere, per noi tanto aveva trepidato nel corso di quei lunghi mesi, senza mai perdere la sua fierezza al cospetto del nemico, senza mai venire a compromessi con esso, senza mai abbassare il capo dinanzi alla volontà del più forte, e quel che più conta, senza mai perdere la fede nel nostro ideale e la speranza che i partigiani sarebbero ritornati.
Dopo l’evacuazione da Bobbio il battaglione delle S.S. del magg. Boldrini ebbe ad attestarsi a Perino e nei suoi dintorni, con reparti avanzati fino a Cassolo verso il Passo di Barberino.
Il 5 marzo il distaccamento di Barba 2°, che era stato nel frattempo richiamato da Monteventano, veniva dislocato nella zona di Centomerli, mentre quello di Barba 1° in località Formaggiara, entrambi col compito di bloccare al Passo di Barberino un eventuale ritorno del nemico.
A Vaccarezza e a Lagobisione, in posizione più arretrata, prendeva invece posizione il distaccamento di Ambrosio, con compito di rincalzo. Sulla sponda destra del fiume Trebbia andava intanto riorganizzandosi la IV brigata, che avrebbe parato sorprese nemiche da quel lato verso la città di Bobbio, dove nel frattempo avevano fatto ritorno i soliti uffici stampa, giellista l’uno e garibaldino l’altro, con una gran quantità di notizie in arretrato.
Io personalmente risiedevo in Bobbio, dove mi trovavo costretto dalla necessità di occuparmi dell’amministrazione civile, per le stesse ragioni già dette a proposito della nostra precedente occupazione. Tuttavia, non trascuravo i miei impegni di carattere militare ed il mio turno di guardia, che avevo voluto fosse quello notturno.
Il battaglione delle S.S. di stanza a Perino, si mani- festò subito particolarmente attivo nel compiere frequenti e forti puntate offensive verso i monti per tener lontani i partigiani dal fondovalle, anzi con azione di sorpresa riusciva ad occupare la quota del monte Parcellara, sulla riva sinistra del Trebbia, sottraendola ai patrioti della III brigata, e a piazzarvi le sue armi pesanti. Fu quello un grave scacco per noi, perché lo stesso Comando divisionale, che aveva sede all’Alzanese, si trovò minacciato da vicino e da posizione.
Monte Parcellara è infatti una quota rocciosa, ricca di anfratti e di caverne, che si erge isolata e superba tra radi boschi e campi coltivati: una vera fortezza naturale che offre eccellenti possibilità di appiglio e di difesa. Da essa si domina la val Trebbia e il centro di Perino ad est, la vallata di Embrici e di Freddezza a sud, Scarniago e l’Alzanese ad ovest, la vallata di Bobbiano a nord. Si cercherà di eliminare la minaccia col tentare di occupare la quota con azione notturna, cui presero parte patrioti di varie brigate. Quest’attacco fu sferrato nella notte fra il 6 e il 7 del mese di marzo, ma non ebbe successo e due partigiani della 1^ brigata caddero in combattimento.
Nei giorni successivi saranno invece le S.S. ad attaccare, grazie all’appoggio delle armi pesanti piazzate sul monte Parcellara, e riusciranno a raggiungere l’Alzanese, dove faranno razzia nella casa del buon Remigio e nel magazzino della nostra divisione. Dovranno però accontentarsi di un magro bottino perché il comandante Fausto, prevedendo l’azione nemica, aveva provveduto a far trasferire altrove la maggior parte del materiale.
Il 21 marzo una compagnia di S.S. raggiungeva di notte l’abitato di Mezzano Scotti e, dopo averlo circondato, vi faceva ingresso, abbandonandosi ad atti di violenza contro la popolazione civile. Una nostra pattuglia di sicurezza comandata da Barba 2° attaccava il nemico, causandogli tre feriti e costringendolo a ripiegare. Due giorni dopo si verificava un’altra puntata notturna, condotta con gli effettivi di una compagnia di S.S. che avevano il compito di risalire il rio Fontana, nei pressi di Barberino, per raggiungere ad ogni costo Vaccarezza. Da qui avrebbero fatto una conversione per aggirare alle spalle la VII^ brigata. L’unico guado di cui poteva servirsi il nemico per passare sulla riva sinistra del Trebbia era allora costituito da una passerella, appena a valle del ponte distrutto di Barberino. I partigiani non avevano provveduto a farla saltare solo per il fatto che essa doveva servire per il traffico dei civili, ma vi montavano costantemente di guardia.
Quella notte facevo io il turno di guardia, in compagnia di Tom, Alpegiani e Pridella, sostando sulla strada di Mezzano Scotti, nel punto in cui questa sovrasta l’orrido di Barberino. Le S.S. partite da Perino e da Cassolo, col favore delle tenebre erano riuscite a raggiungere non viste la sponda apposta. Per non far rumore avevano provveduto a fasciarsi gli scarponi con degli stracci ed in silenzio ora stavano ponendo il piede sulla passerella. A questo punto noi le scorgemmo, a non più di 100 passi. Sparai allora i rituali tre colpi d’allarme, ai quali risposero altrettanti dal costone roccioso sovrastante.
Con gli uomini della mia pattuglia presi poi la via più diretta, attraverso la roccia, per raggiungere i reparti degli alpini. Li feci subito arretrare, reputando impossibile un attacco in tanta oscurità. In quota vi era pure nebbia fittissima. Avrei attaccato all’alba quando la visibilità l’avesse consentito. Le S.S. raggiunsero sempre caute la zona di Casa Bianca, di Centomerli e di Moione, ma non ardirono appressarsi alle case perchè i nostri spari d’allarme le avevano avvertite che i partigiani stavano all’erta. Quando ormai albeggiava, dopo aver superato l’abitato di Moione, facevano una conversione improvvisa, affrettando il passo verso il fondovalle. A questo punto agli alpini frementi davo l’ordine di avanzata e di corsa li trascinai all’assalto di una quota sulla quale le S.S. sembrava volessero ancora indugiare, per coprire la ritirata degli altri. Tanto fu però l’impeto nostro che al solo vederci si precipitarono in fuga verso Mezzano Scotti. Qui verranno raggiunte dal fuoco dei nostri mitragliatori, che causerà quattro morti e dieci feriti, e li costringerà ad un definitivo e disordinato guado del Trebbia.
Nel frattempo il battaglione di S.S. di stanza a Perino veniva fatto oggetto di reiterati attacchi da parte di partigiani della nostra divisione. Fra tutti va citato quello sferrato dal comandante Muro, che investì l’abitato di Perino dal lato nord-est. I suoi uomini, appostati a valle di Pillori, batterono per più ore, a colpi di mitraglia, le posizioni nemiche, sforacchiando le facciate delle case e causando perdite imprecisate.
Il giorno 3 aprile il suddetto battaglione, non potendo più resistere all’accresciuta e continua pressione partigiana, abbandonava Perino per ripiegare su Rivergaro, dove già si trovava la brigata nera «Turchetti», con punte avanzate a monte, sino a Montechiaro, a Casino Agnelli e a Quadrelli.
Il giorno 6 aprile due squadre di questo distaccamento si portavano sulla statale N. 45, nel tratto tra Rivergaro e Niviano, con compito di disturbo. Qui attaccavano una colonna tedesca in marcia, incendiavano una motocicletta, mettevano fuori uso un autocarro e causavano al nemico 3 morti e diversi feriti. Questa nostra attività di disturbo del traffico avversario sulla statale N. 45, a valle di Rivergaro, si protrasse sino all’8 aprile. Anzi, in quello stesso giorno, una nostra squadra riusciva a penetrare nella polveriera di Gossolengo e ad asportare un ricco bottino di materiale bellico.

Italo Londei

(Articolo tratto dal n° 9 del 10/03/2022 del settimanale “La Trebbia”)

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