A Salsominore una importante lapide di epoca romana da preservare

Se risaliamo la valle dell’Aveto percorrendo l’omonima strada provinciale che parte da Marsaglia, noteremo che all’inizio, per circa 10 chilometri la quota rimane costante e la strada corre quasi in piano. Solo quando arriviamo a Ruffinati dove vi è la centrale idroelettrica, la pendenza comincia a salire e la valle si restringe fino a diventare un autentico “canyon”. Salsominore invece si trova un po’ prima disteso sulla sponda destra dell’Aveto dove la strada è ancora pianeggiante. Questo paese già con il suo nome presenta la sua rilevante caratteristica: come il più conosciuto Salsomaggiore, possiede una fonte di acqua “salsa”. Le acque salate o termali oggi hanno perso molta della importanza che rivestivano nel passato, il sale che da queste si poteva ricavare era prezioso e non meno considerevole, era l’uso terapeutico che se ne faceva. Gli antichi Romani definivano “cure del corpo”, le attività a cui si dedicavano per ritemprarsi o guarire dalle malattie. A testimonianza del peso rivestito da Salsominore nel passato, esiste una pietra di arenaria incisa in latino che pur essendo semplicemente l’epitaffio di una tomba di famiglia, ne identifica il capofamiglia come un rappresentante della classe patrizia. Il suo nome era CAIO SULPICIUS RUFUS, due erano i suoi titoli, era “DECURIO”: comandante militare di un reparto di cavalleria, corpo a cui solo le classi privilegiate potevano accedere. Rivestiva inoltre la carica di “DUOVIRO” con funzioni giuridiche, amministrative e religiose. La presenza a Salsominore della sepoltura di una importante famiglia romana, appartenente alla “gens Maecia”, tribù che si ritrova pure a Libarna (antica città romana sulle sponde dello Scrivia) può aiutare in qualche modo a decifrare la famosa tavola di Velleia, che aimè pur menzionando un lungo elenco di località è tutt’altro che una carta geografica. Il custode e maggior conoscitore della lapide è l’ingegnere Andrea Agogliati, che ha sempre cercato di preservarla e di studiarla nel suo contesto, arrivando ad affermare che: se era DECURIO e DUOVIRO vuol dire che era la massima autorità del Pago e che era conscio di dover morire lì. Infatti la storia dice che i Romani furono fermati sugli Appennini per circa 150 anni prima della venuta di Cristo e solo dopo aver risalito la Val d’Aveto sull’alta via, sconfissero i Liguri con la battaglia del Penna e dilagarono poi fino in Spagna. Il Ruffinati, citato anche sulle carte altomedievali quale Ri Final è proprio il confine dove i liguri riuscirono ad inchiodare i romani così a lungo. Questa pietra è attualmente murata nel vecchio oratorio di Salsominore. Purtroppo i secoli trascorsi si sono portati via l’antico fulgore della scritta ed oggi occorrerebbe metterla in sicurezza. Per questo, L’Associazione per lo Sviluppo Compatibile (ASC) di Salsominore che ha avuto il benestare del proprietario (Curia, Parrocchia di Cattaragna) chiede che venga posta in un museo (quello dell’Abbazia di San Colombano che già possiede una sezione romana andrebbe benissimo) affiancata da una adeguata mappa temporale geografica esplicativa, dopo un accurato restauro.

Colombano Leoni

(Articolo tratto dal N° 13 del 22/04/2021 del settimanale “La Trebbia”)

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