Dezza (Bobbio)

A Dezza (779 mt.) si trova la chiesa di S. Pietro  costruita nel X secolo come cella monastica, rimaneggiata tra il XVI e il XIX secolo.

(Fonte: Guida turistica “Piacenza e la sua provincia” di Leonardo Cafferini)

Gli appunti di toponomastica del Notiziario bobbiese

Dialetto: Dèza – frazione del Comune di Bobbio. Nel Codice diplomatico di S.Colombano, in una “Abbreviatio bonorum del sec X” si incontra una “Decia” che il Bussi identifica con la nostra. Si potrebbe riportare a un “Decia milia passuum” che intercorrerebbero tra Bobbio e la frazione. Forse era su di una mulattiera che congiungeva Bobbio alla grande carrovaniera che tagliava l’alta valle di Trebbia e per il passo del Brallo scendeva nella Staffora diretta a Pavia. (Nome della formazione di Quarto, Settima, Ottavello, Niviano, sulla strada Piacenza – Valle Trebbia). Oppure si potrebbe pensare a una “Decia” con significato di “decima” corresponsione di un decimo delle rendite al Monastero di S. Colombano di Bobbio. Come tale sarebbe d’origine molto tarda (VIII – IX sec. al massimo). Si ha una “Dezza” in provincia di Lucca e un “Dezzo” in prov. di Bergamo. Siamo riusciti a rintracciare ancora un “Deza” in carte del XIV – XV sec. nell’Archivio Vescovile di Bobbio. Questa voce deve riflettere la pronuncia popolare. Mentre la prima “Decia” è la voce dotta. Si può pensare pure a una derivazione da un nome gentilizio romano “Decius” tenendo presente che siamo nel “pago moninate del territorio Libarnese. ( Vedi Tavola Traiana). Per il Dezzo bresciano l’Olivieri prospetta una probabile derivazione “less” che nel dialetto della zona significa “leccio”. Nel dialetto locale bobbiese (centro e nel contado) non esiste tal nome. Degno di considerazione è forse anche la voce “Dazio” (Como) del Dizionario dell’Olivieri. L’autore la fa derivare da un “das” che in Valsolda corrisponde all’”abies alba”. Se il nostro toponimo si potesse con sicurezza accostare a questo, avremmo anche la documentazione toponomastica dell’esistenza di grandi abetine nella valle della Trebbia. Non manca la documentazione storica e geologica, se così si può dire; anche attualmente da una frana in movimento in località “ Agostine” presso Bobbio, affiorano tronchi di abete fossilizzati. Tra i tanti etimi propenderemmo a seguire il “Decia” nel senso di corresponsione di decime.

Dezza

Si pensa che il nome Dezza derivi dal fatto che si pagavano le decime al monastero di Bobbio o perché era situata al decimo miglio di distanza da Bobbio. Nel diploma di Ottone I ,30 luglio 972 si fa menzione di Dezza. Di Dezza è fatta menzione in un inventario dei beni del Monastero nel secolo X e nella deposizione di prete Petrocco al processo di Cremona del 1207, e anch’essa è detta semplicemente ” capella de Decia “, e non figura tra le parrocchie o chiese indipendenti, appunto perché soggetta  al Monastero. Nell’ “extimum ” del clero bobbiese da cui si rileva com’era composta la diocesi alla fine del secolo XIV, Dezza e S. Cristoforo non compaiono.
In atti posteriori si trova che Dezza, S. Cristoforo e Ceci erano unite come una parrocchia sola, e di fatti vi era un sacerdote solo che prestava servizio per tutte e tre. Aveva la residenza a Dezza, che era in posizione più centrale ed era considerata come chiesa matrice, e per la Messa festiva si recava per  turno in una delle tre chiese, in modo che le altre due rimanevano per due feste senza Messa.
Quanto tempo durasse questo stato di cose non è possibile precisarlo per mancanza di documenti, ma dell’unione dei tre paesi risulta da un decreto del 1656 col quale l’ Ordinario diocesiano stabilisce le norme “per levare le contese più volte nate, e che anche di presente pendono, tra li huomin e comuni di Dezza, S.Cristoforo e Ceci sopra la Messa da celebrarsi nelle Domeniche e feste ocorrenti fra l’anno nelle loro chiese”.
Risulta anche dalle intestazioni e dalle firme di atti parrocchiali diversi; queste per esempio:
“1629 – Inventario delle cose che si trovano nelle tre chiese unite di Dezza, S. Cristoforo e Cecio”
“1636 – lista delle robe riscosse da me P. Iacomo Baletto, Rettore delle Chiese parrocchiali Deza, S. Cristoforo et Cecio”
“1643 – Stato delle anime delle Chiese parr. di Dezza, S. Cristoforo et Cecio”
Ceci era alla dipendenza del Monastero di S. Colombano; ma tra questo e il Vescovo era nata contestazione per la giurisdizione spirituale sul principio del secolo XVII;  ed è appunto in quel periodo di contestazione che Ceci fu aggregata a Dezza. Cessata la contestazione, riprese la sua autonomia, sempre però con diritto di nomina riservato al Monastero.
S. Cristoforo rimase sotto Dezza. Ne fu smembrata e dichiarata parrocchia autonoma con decreto di Mons. Birago il 24 ottobre 1759. Il 17 luglio 1759 fu bandito il concorso per Dezza e San. Cristoforo ancora unite; al concorso si presentò ed ebbe la promozione Don Bernardo Filippini.  Ma con il decreto del 24 ottobre Dezza fu assegnata al Filippini mentre S. Cristoforo a Don Antonio Botti di Borzonasca.  La parrocchia di Dezza vanta il più antico calice della Diocesi di Bobbio databile attorno agli inizi del 1500. E’ un calice
d’argento, conservato per ragioni di sicurezza a Bobbio.  La comparsa di questo calice coincide con l’arrivo a Dezza della famiglia nobile bobbiese “Silva” (inizio 1500) con tomba gentilizia in San Colombano davanti alla Cappella di Santa Lucia, si ha quindi ragione di pensare che possa essere stato donato da questa nuova famiglia nobile al momento del loro insediamento in Dezza visto che a quell’epoca i contadini di Dezza vivevano sicuramente in povertà.

Contributo inviato da Sandro Rossi

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