Alla scoperta di un antico camminamento nella val Boreca

Il Sig. Mirco Carboni, titolare dello storico Bar Italia a Ottone, ha sempre avuto predisposizione, interesse e competenze in storia, specie medievale e moderna. Alcuni anni fa, partecipammo con la sua classe di scuola media, molto determinata nell’impresa, ad un concorso regionale sulla storia locale dell’Ottonese. Tutti erano molto presi, molto coinvolti, in modo compatto e individuale, assorbiti dai vari compiti: chi nella ricerca, chi in descrizione; nel disegno, nelle foto… L’aula era diventata un’officina, un bel laboratorio di idee e materiali, nell’entusiasmo e nell’apprendimento vivo; gratificante, costruttivo. Didattica rispettosa; spontanea, serena. Bisognava, piuttosto, richiamare energicamente la classe per farla smettere: nell’imminenza di altre ore scolastiche; o approssimandosi la fine della lezioni! Ma si vinse un importante premio. Una folta delegazione di alunni si recò a Bologna e ricevette dalle Autorità Regionali un ambizioso trofeo: una copia della statua di Nettuno, nota opera del Giambologna, simbolo operoso della città. Naturalmente, la consegna del trofeo fu preceduta e seguita da apprezzamenti e applausi. Così, quando raramente ci si vede, il discorso cade sulla storia. Qualche tempo fa si era parlato di un antichissimo camminamento, sponda destra del Boreca, a lato di Tartago, verso Belnome, Pizzo Nero e Suzzi.
Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, lo scrivente, giovane professore di lettere a Bobbio aveva parlato di quel sentiero a un dotto della città, il prof. Tosi Michele. Ne nacque amicizia e frequentazione caratterizzata da diversi sopralluoghi in zona, alla ricerca di tracce; riscontri e spunti. Sono state scandagliate le due sponde della valletta, con meraviglia e sorpresa crescente, in lungo e in largo. Sempre con partenza da Tartago. Tartago! Che il dotto studioso e grande erudito diceva: “La porta che apre sui millenni passati!” Una porta, dunque, che consente viaggi nel tempo, a ritroso nei secoli.
La foto presenta la Sig.ra Ramona, moglie di Mirco Carboni, coinvolta lietamente nel suo sopralluogo. La Signora appare molto coraggiosa, non c’è che dire, tenuto conto dell’apparente scarsa manutenzione al tracciato. Il prof. Tosi utilizzava un termine, in relazione alla metodologia dell’esplorazione, che diceva non suo conio, ma di suo puntuale uso: “Peragrare” (Per agros, = attraverso i campi). Ovvero muoversi nella geografia per imparare al meglio la storia. Lungo antiche, impegnative vie; intrattenendosi con le pietre secolari, squadrate da mani sapienti; in attento dialogo con rocce aggettanti e improvvisi abissi. Sussurri di vento; stormir di fronde… Sulle “Vestigia degli antichi Padri”, appunto. In Val Boreca c’erano, ci sono, infinite occasioni, in tal senso. Alcuni effetti registrati dalla foto sono, certo, molto singolari, misteriosi; affascinanti! Il prof. Tosi riteneva, detto tratto, la parte più interessante del percorso e della valle. Un singolare documento risalente a diversi millenni avanti l’Era Cristiana. Ai tempi nebulosi di popolazioni preistoriche, Liguri e Celti, impegnati in religiose processioni verso le cime sacre del monte Alfeo e del monte Lesima. Importanti santuari dei nostri antenati, miracolosi, assai ricercati. Circa il metodo di scavo, tenuto conto degli strati orizzontali della roccia, molto marcati, più del metallo, neppure disponibile allora, è stato possibile, forse, l’uso sapiente del legno. Cunei di quercia possente, puntualmente bagnati; energiche leve ricavate dalla lavorazione del legno mediante lame di selce opportunamente levigate, compirono il prodigio. La foto presenta i primi passi dalla istintività primordiale al pensiero astratto; ad atti auspicati e convenuti, sulla base di forti, condivisi sentimenti e incipienti concrete tecniche e tecnologie.
La seconda foto ci mostra l’immagine di una pietra, concepita come “Architrave”, di notevole pregio artistico, poi murata. La pietra appare nei pressi dell’ultima casa del paese, alla biforcazione del sentiero che conduce a Belnome; alle rocce aggettanti, e la strada che sale al monte Alfeo. Il prof. Giovanni Salvi si sta occupando di simboli e iscrizioni scolpiti su antiche pietre, contributo importante alla conoscenza del nostro passato. Il professor Salvi, a questo proposito, scrive: “A partire dai primi secoli del Cristianesimo, col trigramma IHS si abbreviava il nome di Gesù, IESOUS, in lingua greca, utilizzando la prima lettera, la seconda che appare come un H ma che in realtà è la E (eta) del greco, scritta maiuscola, e l’ultima lettera. A partire dal 1400 a questa sigla fu aggiunta una croce sopra il trattino dell’H, che sappiamo in realtà essere una E. Nel caso dell’incisione di Tartago che si limita alla sola H con la croce, o siamo in presenza di una forma ancora più sintetica, oppure di un trigramma lasciato incompiuto”. A destra della Croce, sovrapposta ad H, sembra potersi intravedere un individuo molto stilizzato, in movimento verso lontane mete; verso l’ignoto. Un viandante, un pellegrino che si lascia alle spalle il borgo e la sua sicurezza? Una specie di “Ulisse davanti alle colonne d’Ercole”, come dice Dante? Prototipo dell’Uomo nella sua insaziabile “Sete di sapere” che sempre tende ad andare oltre? Ogni lettore può esercitarsi nel tentativo di coglierne sensi reconditi e prospettive.

Attilio Carboni

“L’autore del testo, Attilio Carboni, evidenzia che le foto a visualizzazione dello scritto sono opera di Mirco Carbone, già Sindaco di Ottone e Coordinatore del nascente Museo di Arte Sacra del Comune”

(Articolo tratto dal N° 18 del 28/05/2020 del settimanale “La Trebbia”)

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