La star del fagotto che suona alle sagre

Marion Reinhard in classico e severo tailleur suona il fagotto nel tempio della Berliner Philarmoniker: è il 13 ottobre, si celebra il 25° “compleanno” del “Berlin Philarmonic Wind Quintet”, considerato tra i più importanti quintetti di fiati al mondo. Musicista di fama internazionale, da due stagioni, è in organico nell’orchestra della Scala. Marion, pantaloni corti e cappello, suona il piffero alla sagra di Giarolo di Montacuto (val Curone, nel Tortonese), il 28 luglio scorso. Il 20 ottobre si è esibita a Coli, piccolo centro del Piacentino, alla rassegna dei prodotti della montagna. Coli non è distante da Ottone, enclave genovese in territorio emiliano. Polentata, salamelle, funghi e vino in piazza. Musica popolare con il mitico Ettore Losini, detto Bani. Festa di popolo. Che ti avvolge e ti inonda di entusiasmo. E scatena balli e canti. Venerdì 2 novembre, due giorni fa, altra serata in una trattoria alla Pieve di Montarsolo quella della celebre rovere quasi millenaria: cena ed esibizione dei “Musetta”, il gruppo di musica popolare creato da Losini.
Marion Reinhard è tutto questo. Interprete eccellente di musica classica alla Scala di Milano. E con Michael Hasel (flauto), Andreas Wittmann (oboe), Walter Seyfarth al clarinetto, Fergus McWilliam (corno) nel Berlin Philarmonic Wind Quintet.
Ma anche gioiosa interprete della musica popolare, di gighe e perigordini, di monferrine e alessandrine, di melodie per i balli che scandivano la vita contadina di un tempo: il “Carlin di maggio” per le questue, la “Leva” per i coscritti, la “Sposina”, da eseguire ai matrimoni. Tedesca di Norimberga, 41 anni, Marion ha lasciato la Germania per stabilirsi da qualche anno a Degara di Bobbio, Val Trebbia, terra delle “Quattro province”. E un’area non troppo estesa che però abbraccia quattro province, Pavia, Alessandria, Genova, Piacenza senza avere l’identità di nessuna. Ma ha anche lasciato la prestigiosa Berliner Philarmonie nel 2012 («Ci ho pensato su degli anni prima di prendere questa decisione»), dopo aver vinto un concorso alla Scala: «E’ stata una fortuna».
«Mi sono innamorata dell’Italia», la spiega semplicemente così. «Mi piace lo stile di vita italiano, vivo in campagna. Questa zona è bellissima». Prima la Val Nure, poi la Val Trebbia, scoperte in vacanza con gli amici e colleghi della Berlin. Un colpo di fulmine. I musicisti in vacanza non perdono l’attrazione per la musica. «Abbiamo saputo -ricorda Marion – di questa straordinaria tradizione popolare che è ancora viva al giorno d’oggi. Siamo andati a sentirla. Io ero attratta in particolare da uno strumento, il cosiddetto piffero delle quattro province, un oboe popolare». Ed è il secondo colpo di fulmine. Ne ordina uno a Bani Losini, 62 anni, suonatore autodidatta, e costruttore di pifferi, cornamuse, pive e anche strumenti d’epoca. «Poi gli ho chiesto di insegnarmi a suonarlo». Bani è un mito nella zona ma è anche conosciuto in Italia e all’estero, la sua ensamble messa su all’inizio con un altro “grande”, il fisarmonicista Attilio Tilion Rocca, fa la storia del genere. Rocca si è ritirato, nel gruppo oggi si alternano il nipote Davide Balletti, Claudio Rolandi e Fabio Paveto. Marion Reinhard, quando gli impegni della Scala e del “Wind Quintet” glielo consentono si esibisce nelle piazze con il piffero ma anche con il fagotto “d’ordinanza”. «Lei è straordinariamente poliedrica -osserva Lòsini – passa con disinvoltura dal piffero alla cornamusa, al flauto».
Ma quale musica la soddisfa di più? «Mi piace tutta. Certo essere “su una sagra di paese” è altra cosa che essere “in buca”, in una sala concerto o in un teatro dove si sentono gli applausi del pubblico alla fine del concerto. Quando suoni a una festa di paese ascolti immediatamente le reazioni del pubblico, sei in mezzo alla gente». Ma insomma, c’è un po’ di differenza tra musica “alta” e musica della tradizione popolare? «La musica popolare va rispettata, non mi sento assolutamente sminuita quando la interpreto».
Non solo, Lòsini asserisce che in qualche modo i concerti dei “Musetta” l’hanno anche aiutata… «È stato un vantaggio, in effetti, suonare senza spartito – risponde l’artista tedesca – la musica popolare si tramanda a orecchio, non c’è nulla di scritto. Mi ha aperto gli occhi anche per eseguire la classica». E aggiunge: «Ettore legge appena la musica, ma ha una musicalità pazzesca, un talento straordinario». Davvero ha ricevuto benefici suonando il piffero alle sagre di paese? «Prima ero fin troppo legata agli spartiti, esiste il pericolo di “nascondersi” dietro lo spartito, di non aprire bene le orecchie per ascoltarci». Marion usa una similitudine per spiegarsi meglio: «È come un poeta che recita poesie, deve anche trasmetterne il senso».
Alle feste ormai hanno imparato a conoscere la celebre musicista che si è esibita, e lo fa ancora, in tutto il mondo: Asia, America e Sud America, Australia e ovviamente ogni angolo dell’Europa. I componenti dei Musetta sostengono che ormai Marion parla il dialetto,   l’idioma   misto   delle “quattro province”: «Beh almeno lo capisce…». E i colleghi della Scala che dicono di questa sua seconda, anzi, tripla attività? «Alcuni sono già venuti a sentirmi. E se ne stanno innamorando anche loro…».

Vittorio De Benedictis (debenedictis@ilsecoloxix.it)

(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 03/11/2013)

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