1933. A proposito di balli

Siamo nel periodo delle sagre, ed ecco risorge la scottante questione dei balli pubblici. Noi non vogliamo veramente entrare nel merito della questione; tanto meno discutere sulla moralità di questo divertimento che, se non in sé, nel fatto positivo è pur sempre immorale; ma vogliamo, ci sia lecito, dire una parola franca intorno all’argomento in questione. E ci do­mandiamo:

1 – Perché si balla? Rispondono i giovani: Per divertimento. Ma è pro­prio vero? O non piuttosto per passione? Perché se mai cercare i diverti­menti, li avete e sono tanti: lo sport per esempio. Anzi, per dirla giusta, i giovani che non sono guasti e corrotti, oggi amano più davvero lo sport che il ballo, ove, a lor confessione, non trovano più gusto alcuno, perché a contatto con carne più o meno puzzolente.

– Perché….nelle feste? Perché si è sempre ballato; se non si balla non par manco festa. Così rispondono i vecchi, padri e madri di famiglia. Non tutti per verità, ma quelli che hanno scarso concetto dei doveri del pro­prio stato. A questi basterebbe dire: E voi lo avete sempre compiuto il vostro dovere? I tempi sono sempre stati uguali? A forza di sempre si po­trebbero far diventare rossi di vergogna, questi vecchioni dalla faccia incartapecorita. Si sono sempre fatti dei peccati, ma chi vuol salvarsi, non ne deve commettere.

– Chi è che fa ballare? Diciamolo subito: non i giovani, oggi special­mente che c’è crisi e i giovani palanche in tasca ne hanno poche e le licen­ze costano parecchio. In generale sono gli esercenti per avidità di lucro. Molte volte sono gli esponenti di un partito. Perché poi si accaniscono nel ballo, proprio non lo si capisce. Forse per dimostrare che hanno soldi, e per accaparrarsi delle amicizie.

Altre fiate invece, e molto spesso, sono i nemici dei Parroci. Per questi, pur di far dispetto all’odiata veste nera, nulla importa di impedire la sagra e le sacre funzioni, che anche queste furono sempre fatte, di gettare del fango sopra i buon nome del paese, e soprattutto di creare delle divisioni che sono pur sempre esiziali per l’armonia di un paese e soprattutto per l’ordine pubblico. Ma per questa gente che sono “de grege porcorum”, il pescare nel disordine e nel fango costituisce il loro personale diletto.

Abbiamo accennato all’ordine pubblico facciamo una domanda: Ci guadagna, col ballo, l’ordine pubblico? Non lo crediamo, perché gli scre­zi, le liti, le risse, le bastonate, le coltellate, non furono mai date in Chiesa, bensì sul ballo e a causa del ballo.

Ancora: ci guadagna la pubblica moralità? Ce n’è già tanta immoralità anche fuori del ballo, ma sul ballo ormai non c’è più ritegno. Non siamo noi a dirlo, sono i giovanotti onesti. Ci sono delle figliuole che uscendo dal ballo, mettono schifo. E pazienza ci fossero soltanto loro, che ormai non hanno più nulla da perdere; ma non manca mai, anche in barba alle disposizioni dell’autorità, la frotta curiosa e irrequieta “dei” e massime “delle minorenni”, perché imparino presto…quello che non dovrebbero imparare mai.

Ultima domanda: Ci guadagna la sanità pubblica? No. Il ballo è causa di gravi malattie. Se ne dovrebbe preoccupare l’opera contro la tubercolosi.

Potremmo accennare anche a dei casi recentissimi ove fiorenti giovi­nezze dovettero innanzi tempo reclinare il capo sull’origliere della morte, per la tubercolosi contratta sul ballo. E i casi sono così tanto frequenti e tanto dolorosi che anche l’Autorità non può non pensarci e preoccuparse­ne. Oggi tutto dovrebbe essere ordine, disciplina. E allora le feste da ballo profanatrici delle sagre sacre, perturbatrici dell’ordine pubblico, della pubbli­ca moralità e della pubblica salute, sono in contrasto colla disciplina e coll’ordine.

Un osservatore

Da La Trebbia del 27giugno 1933

(Brano tratto dal libro “Cento anni di storia bobbiese” a cura di Giorgio Pasquali, edizioni “Gli amici di San Colombano”)

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