La val d’Aveto riscopre l’oro dei monaci: nel rivo trovate pagliuzze come in un’antica leggenda

Bianca in inverno per la neve e verde in estate per i pascoli e le foreste rigogliose. Ma ora alla val d’Aveto bisognerà pensare anche abbinandola al giallo dell’oro. La fantasia non inizi a galoppare: filoni non ce ne sono, forse ci sono stati nel passato. Ma, a cercare bene, le pagliuzze d’oro si trovano. E per un cercatore, trovare l’oro dove non se ne era mai avuta traccia (almeno documentata) è un successo.

Ci sono riusciti alcuni esperti in arrivo da Biella, nella zona di Villa Cella, frazione di Rezzoaglio, dove, si dice, un tempo l’oro potrebbe esserci anche stato. La storia che c’è alle spalle del ritrovamento delle pagliuzze arriva da molto lontano ed è strettamente collegata a quella della valle. Nel 1.100 da quelle parti si stabilirono alcuni monaci. Il segno della loro presenza è un monastero ben conservato che un gruppo di abitanti locali custodisce e cerca di valorizzare. Ma secondo una leggenda (che a questo punto un fondo di verità potrebbe anche averla) i monaci trovarono in zona un filone d’oro. Fu grazie a quello che i religiosi riuscirono a pagare uomini che lavorarono a lungo, almeno finché il filone non si esaurì, per bonificare la pianura sottostante dove oggi scorre il torrente Aveto, affluente del Trebbia.

La storia con il passare degli anni aveva perso la sua popolarità. Ma qualcuno ci credeva ancora. Chiedere per conferma al Liquorificio Fabrizii, dove le pagliuzze avetane si possono vedere, che ha aperto da poco, ma fonda la propria produzione su un amaro nato da una ricetta antica: «Ci sono tante storie in questa valle, alcune vere, altre inventate – racconta Laura Cabona, la titolare -. Io e mio marito Giorgio Fugazzi a quella dell’oro abbiamo sempre un po’ creduto perché tanti anziani lo raccontavano. Così un giorno abbiamo coinvolto Marco Sturla».

Quest’ultimo è un ingegnere chimico che vive a Bergamo, ma è genovese di origine. È il vice presidente del Gruppo Orobico Minerali dopo esserne stato a lungo il presidente: «Anni di studi, ricerche e passione – racconta -. Quando mi hanno raccontato la storia di Villa Cella l’unica cosa che ho fatto è stato confermare che in quella zona l’oro non era mai stato trovato. Ma spesso in certe storie un fondo di verità c’è. E ho coinvolto gli unici che ero sicuro potessero trovare qualcosa, se ci fosse stato». Ecco, dunque, come l’Associazione Biellese Cercatori d’Oro è arrivata in val d’Aveto.

Alla fine, l’oro è spuntato: poche pagliuzze, ma l’oro c’è, trovato in quel rio nella parta bassa. «Io avrei cercato più in alto, ma a quella storia ci ho sempre creduto – sottolinea il sindaco Marcello Roncoli -. C’è anche un’altra leggenda che si racconta. Decenni fa furono scavate alcune gallerie di pochi metri. Si racconta che gli esperti di allora dissero che l’oro c’era, ma si trovava a oltre duecento metri di profondità. Non era economicamente vantaggioso andarlo a prendere».

Più scettici i residenti o proprietari di seconde case, moltissimi dei quali di cognome fanno Cella perché i loro antenati all’epoca dei monaci vivevano vicini alla cella monastica: «Per noi la pianura è stata bonificata dai monaci con il loro lavoro e non con l’oro – sottolinea Franco Cella -. E le gallerie scavate decenni fa portarono alla luce solo pirite. Però se c’è l’oro nel rio, a noi va benissimo».

Conferma Arturo Ramella, segretario dell’associazione biellese: «Quello che abbiamo trovato è molto poco, ma per noi è importante trovarne traccia. A livello hobbystico è molto positivo aver trovato l’oro in una zona non segnalata. La storia del filone trovata dai monaci potrebbe essere vera, ci sono altri esempi simili in Italia. Torneremo ancora, magari qualche pagliuzza si trova anche nell’Aveto».

Il sindaco Roncoli sorride: «Ci hanno già chiesto se diventeremo ricchi. Ho risposto che lastricheremo le strade d’oro, così non sale la polvere, e nei ristoranti come gadget regaleremo le posate d’oro. Più seriamente stiamo pensano di organizzare una giornata di divertimento per famiglie. Insomma, non ci arricchiremo, ma a livello di marketing questa storia può farci gioco». Conferma Ramella: «Sarebbe opportuno qualche approfondimento per capire meglio l’origine dell’oro. Ma l’idea piace anche a noi».

https://www.ilsecoloxix.it/ (25/05/2022)

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