Varzi , il castello Malaspina: un restauro perfetto, un luogo incantato

Fu una mia amica a portarmi, circa un anno fa, a visitare il Castello Malaspina di Varzi. Sapevo della sua esistenza perché chi è stato a Varzi non può non notare la presenza del Castello nella parte alta del paese. Fu proprio il Castello a generare il sorgere del centro abitato di Varzi che ancora oggi lo circonda, conosciuto paese della valle Staffora e passaggio importante nella famosa “via del sale”.
Dalla piazza principale, infatti, un vicolo porta fino a un portone quattrocentesco, sovrastato dallo stemma con lo “spino secco” dei Malaspina. La parte più antica del castello ha origini nella seconda metà del XIII secolo con una netta funzione difensiva riconoscibile dal muro e dalla torre che svetta coi suoi quasi trenta metri di altezza. La torre del castello venne utilizzata per lunghi anni come prigione: se ne ha testimonianza già da alcuni documenti risalenti al 1320.
Durante il periodo dell’Inquisizione, circa la metà del 1400, vennero imprigionati nella torre e poi messi al rogo venticinque donne ed alcuni uomini accusati di stregoneria; per questo motivo la torre è chiamata anche “la torre delle Streghe”. Dalla torre è possibile ammirare il suggestivo panorama di tutto il borgo di Varzi, dei monti attorno, della valle dello Staffora e del castello di Oramala, luogo in cui risiedevano i Malaspina prima di insediarsi a Varzi.
La varie modifiche e rifacimenti apportati al castello hanno determinato l’esistenza di un secondo edificio risalente al XV secolo che si sviluppa su due piani. Oggi la torre è di proprietà comunale, mentre il resto del castello, è adibito in parte a residenza signorile e appartiene ai Conti Odetti di Marcorengo, discendenti diretti della famiglia Malaspina, che ne ebbero il territorio in feudo direttamente da Federico Barbarossa nel 1164: negli interni infatti cimeli e arredi raccontano della grandezza della famiglia.
Con il contributo dell’ufficio comunicazione del Castello, sono riuscita ad avere diverse notizie dettagliate sulla storia di questo restauro.
Il Castello è stato abitato fino al 1983 dalla contessa Paola Odetti, che lo ha custodito gelosamente per i suoi eredi. Non avendo figli, il “debito d’onore – come ella stessa lo definì – andò in eredità al pronipote Faustino Odetti che, dopo aver letto le volontà testamentarie della zia, nello stesso anno iniziò i restauri. Grazie al suo fervente impegno e al buon gusto della moglie, la contessa Caterina, il Castello tornò a risplendere nel dicembre del 2015 e, con l’obiettivo di creare attorno ad esso un progetto culturale teso a valorizzare non solo il bene architettonico in sé ma il territorio tutto, venne aperto al pubblico.
Nel corso del trentennale restauro conservativo, sono state ripristinate le cantine, divenute Galleria dei Sassi Medievali ed adibite a zona espositiva insieme al suggestivo locale circolare che, a ricordarne la funzione, è stato battezzato Antica Ghiaccia; soggette a restauro anche le vecchie stalle, oggi sala delle Antiche Mangiatoie, usata per mostre e conferenze, e il sovrastane fienile, ora Salone Faustino Odetti, location ideale per i ricevimenti.
Con l’adiacente Sala Donna Caterina, la Sala della Voliera e le sovrastanti camere – la Suite degli Sposi e la Stanza dell’Abate Malaspina – questo corpo di fabbrica rappresenta il nucleo eretto, nel XV secolo, sul muro perimetrale costruito sull’alveo del fossato. La porzione ancora oggi identificata come “Casa del Fattore” conserva quel muro del 1200, profondo oltre 1 metro e mezzo, ed è il primo su cui cade l’occhio accedendo dalla Piazza del Municipio (Piazza Umberto I).
L’ala privata, che ha sostituito edificio antecedente, risale invece al 1500 e, non essendo mai passata in mani esterne alla famiglia Malaspina-Odetti, conserva al suo interno pezzi d’epoca tramandati di generazione in generazione.
In particolare, nello studio al piano superiore, sono conservati documenti del 1800 redatti dall’Abate Fabrizio Malaspina, che ha trascritto la storia della famiglia Malaspina lasciando un patrimonio studiato e riconosciuto dall’Archivio di Stato di Pavia (altri suoi documenti, che narrano vicende della Famiglia nel territorio che dall’Oltrepò arrivava fino in Lunigiana, sono conservati nella Biblioteca Civica di Varzi).
La valenza storica dell’edificio vuole essere solo il volano per un processo di rivitalizzazione che vede il Castello aprirsi, a 360 gradi, alle proposte di collaborazione del territorio, diventando cuore pulsante per la valorizzazione e promozione turistica del territorio. In quest’ottica, un antico ricovero per gli attrezzi, recuperato in Sala dell’Arazzo (nel cortile interno) sarà presto una bottega-vetrina per produttori selezionati dell’Oltrepò Pavese (il “VarzItaly”, come lo ha soprannominato Enrico Odetti), mentre le antiche cantine sottostanti l’ala privata, sono oggetto di un progetto di recupero che le vedrà convertite in Enoteca per la degustazione e la vendita dei migliori vini delle Quattro Province.
Visitare il Castello è un emozionante ritorno al passato: nulla stona e nulla è portato all’eccesso. La semplicità nel rispetto totale della storia ha fatto sì che questo restauro sia attuale esempio di come passione, amore e rispetto del tempo possano far rinascere il fascino di un lontano passato.

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