Il “pilota” degli aerei del nord Italia veglia da 30 anni sul monte Lesima

È un radar pilota. Uno dei migliori e chirurgici d’Europa. Dalla minuscola Zerba, sul monte Lesima che deve il suo nome alla “mano lesa” di uno dei condottieri di Annibale (leggenda? Chissà), quel “fungo” a pianta circolare, con le sue strutture d’acciaio e le fondamenta in cemento armato, da trent’anni permette agli aeroporti di tutto il Nord Italia (Milano, in particolare, ma il raggio di azione arriva fino alla Toscana), Francia e Svizzera, di volare sicuri, riducendo tempi di atterraggio e decollo. Un’accelerata decisiva venne data come spesso accade da un evento mai più replicato per entusiasmo e passione: furono gli epici Mondiali di calcio del 1990 a segnare il goal decisivo per l’avvento del radar. Gli aerei sarebbero aumentati. Servivano più certezze. Quello che viene comunemente conosciuto come il “pallone” – con la forma però di una pallina da ping pong – cascò su Zerba per la cosiddetta “pubblica utilità”. Non ci fu storia o tribunale a fermarlo: il pallone rotolò sul Lesima più veloce di un tiro di Totò Schillaci. A nulla valsero i ricorsi al Tar del Club Alpino Italiano e altri cittadini per «grave danno all’ambiente». Quella fetta di terra a Zerba, condivisa con Brallo, a 1.724 metri, era stata scelta e doveva adeguarsi, condivise il Tribunale nel 1989. Sessanta miliardi di vecchie lire il costo capogiro dell’operazione: grossi Dumper-Astra trasportarono i materiali a pieno carico dal passo del Giovà fino alla vetta dove monsignor Pietro Zuccarino benedisse per la prima volta la croce storica trent’anni prima, negli anni Cinquanta. Di fatto, il “pallone” è diventato un simbolo del Lesima. «Nostro malgrado », aggiunge il sindaco di Zerba Claudia Borrè. Al tempo c’era il padre, Giovanni Paolo, a guidare il Comune. Alzò la voce, ma non venne ascoltato. Era Davide contro Golia: «Ci siamo trovati il “pallone” sulla testa, punto e basta, per imposizione del mini-stero. Ci furono battaglie, proteste, critiche. Rimasero inascoltate pure quelle. Si affrettarono a dirci che le radiazioni sarebbero salite verso l’alto, senza ricadute sulla salute della popolazione. Di fatto, se fanno male i cellulari non penso ancora oggi, a buon senso, che il “pallone” faccia bene…». Gli studi dimostrarono, in sostanza, che dal Lesima si vedeva il “mondo”. Andava bene dunque per installarvi il “cervellone” degli aerei. «Fino a qualche anno fa ci lavoravano alcune persone, 3 o 4. Oggi il radar è invece completamente automatizzato», conclude il sindaco. Si disse a un certo punto che il “pallone” sarebbe rotolato altrove. Invece no. Arrivarono lavori di rinforzo. Chi vuole, lo può visitare, presentando richiesta a Roma. Le strade, intanto, almeno lì sono tenute pulite. Ma le compensazioni a sostegno della montagna che muore sono rimaste poche, dicono tutti.

(Articolo tratto dal N° 9 del 7/03/2019 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Luigi Ziotti)

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