Giugno 1799: una battaglia in Valtrebbia nella cronaca di due sacerdoti

Dal 18 al 20 giugno 1799 le campagne ed alcuni comuni della bassa val Trebbia e della val Luretta furono lo scenario di una battaglia tra le truppe francesi e quelle austro-russe. Oltre ai combattimenti tra i due eserciti contendenti, si registrarono episodi di violenza e di saccheggio ai danni della popolazione civile.
Nell’estate del 1798, mentre Napoleone Bonaparte era impegnato nella campagna in Egitto, Inghilterra, Austria, Prussia, Turchia e Russia costituirono quella che verrà chiamata la II coalizione, nata per arginare le mire espansionistiche della Francia rivoluzionaria in Europa . Gli eserciti della coalizione avanzarono anche in territorio Italiano e, dopo aver sbaragliato le truppe dell’Armata Francese a Cassano d’Adda, Peschiera del Garda e Pizzighettone, le costrinsero a ritirarsi verso la Liguria. Per consentire l’ordinato ripiegamento dell’esercito, il generale francese Jean Moreau ordinò alla divisione del suo sottoposto, Generale Etienne MacDonald, di contrattaccare in provincia di Piacenza. Il MacDonald individuò il fiume Trebbia, come luogo ideale per dar battaglia all’esercito austrorusso, comandato dal generale Aleksander Vasilevic Suvarov.
Quando, il 18 giugno 1799 le avanguardie austro-russe giunsero in prossimità del ponte di Tuna, sul fiume Trebbia, si accese la battaglia. Si scatenarono dapprima gli scontri tra la cavalleria cosacca e quella rancese, poi si fronteggiarono i chasseurs francesi, gli ulani russi e i Grenzer (tiratori scelti) ungheresi. Infine si diedero battaglia i reggimenti di fanteria di linea. Gli scontri, videro momenti in cui i due eserciti sembravano prevalere, a fasi alterne, uno sull’altro. I comuni coinvolti nelle prime battute dello scontro furono Tuna, Campremoldo Superiore, Gragnano Trebbiense e Casaliggio, frazione sovrastante la riva del Trebbia a poco più di una decina di chilometri da Piacenza. L’asperrima lotta si protrasse sino al 20 giugno e coinvolse anche l’innocente popolazione locale che, in diversi casi, rimase vittima delle violenze perpetrate da soldati degli opposti schieramenti. La battaglia sul fiume Trebbia del 1799 rappresenta un capitolo di storia molto noto agli studiosi locali e lo paragonano alla cruenta battaglia di venti secoli prima (218 a.C.), combattuta tra cartaginesi e romani, svoltasi negli stessi luoghi che vide la vittoria di Annibale sulle legioni romane.
I morti nella battaglia del giugno 1799, a detta degli storici, furono circa dodicimila mentre il numero dei feriti è ignoto.
La loro sorte fu drammatica, giacquero per lo più sul campo di battaglia senza ricevere cure adeguate. Purtroppo il servizio sanitario degli eserciti dell’epoca possedeva un’organizzazione primordiale. Le salme dei soldati caduti furono lasciate sul terreno nei tre giorni della lotta ma la “conta”, come spesso accadeva nelle battaglie di quei tempi, era imprecisa poiché non esisteva alcun servizio logistico preposto al computo dei morti e tutto si basava sui rapporti verbali dei comandanti di battaglione . Ma questi rapporti non tenevano conto dei soldati che, nell’alternarsi di attacchi e contrattacchi abbandonavano arbitrariamente i reparti, disertando. E’ probabile che proprio a questi nuclei di militari sbandati siano da ascrivere gli eccessi e le soperchierie inflitte ai contadini locali.
I luoghi dove si svolsero gli scontri non erano una landa desolata, ma bensì una zona ricca di villaggi al cui centro si ergevano chiese e campanili e i mulini segnavano il corso del Trebbia che lambiva i campi coltivati. Questo paesaggio idilliaco fu sconvolto da palle di cannone, cariche di cavalleria e dallo stato di eccitazione che pervadeva i soldati sbandati.
Gli abitanti di Gragnano Trebbiense, Gossolengo, Casaliggio, Centora, Campremoldo, Gossolengo e Tuna rimasero in balia di questi disertori che non rispettarono né donne né bambini. Essi saccheggiarono le misere dispense minacciando gli uomini con le baionette se accennavano a reagire.
In proposito, un sacerdote piacentino ha trovato il diario dell’allora arciprete di Tuna, Don Gaetano Muggiani, il quale scrisse: «La notte del 18 giugno cominciò ad essere fatale per me e la mia chiesa, mentre una banda di russi armati, staccatisi dal campo verso l’ora di notte, entrò in canonica e dopo aver mangiato e bevuto cominciò a spogliarla di quanto v’era fracassando con le scuri bureau e canterani. Non contenti di questo, i soldati entrarono in chiesa e dopo aver razziato quanto poterono si ritirarono al campo con il loro bottino».
Nel tardo pomeriggio del 19 la battaglia fra austro-russi e francesi riprese vigore, ed un altro sacerdote, Don Lazzaro Maestri della parrocchia di Gossolengo, testimoniò: «Mentre il combattimento si faceva di gran valore anche in vicinanza di questa mia chiesa. Non vedendomi sicuro nella torre bersagliata da alcune cannonate che le fischiavano d’intorno, mentre la zuffa già impegnava gli eserciti, risolvetti di scendere dalla torre e ginocchioni mi misi davanti al SS. Sacramento, ma detta recita fu interrotta dall’arrivo di tre francesi che mi minacciavano di morte». Fortunatamente, il povero sacerdote ebbe salva la vita e potette riparare presso la casa di alcuni parenti.
Dopo la fine della battaglia, il 20 giugno, Don Lazzaro tornò in parrocchia e trovò la chiesa devastata, inoltre raccolse altresì le drammatiche testimonianze dei suoi fedeli che lamentarono casi di saccheggio, rapina e violenze fisiche. L’esercito austro-russo del Generale Suvorov vinse la battaglia della Trebbia ed occupò Piacenza, mentre i soldati francesi dell’Armata d’Italia di MacDonald si ritirarono attraverso i monti liguri del Genovesato per poi sostenere nel basso Piemonte, a Novi Ligure, un’altra battaglia contro le forze della II coalizione. L’esito negativo dello scontro sancì, di fatto, la fine della I Repubblica Cisalpina. Napoleone dovette rientrare in patria dall’Egitto per riorganizzare l’esercito e per porre rimedio alla grave crisi politica che aveva disgregato il Direttorio rivoluzionario. Intrighi e congiure che lo stesso Napoleone sfruttò per concepire il colpo di stato che realizzò poi nel novembre 1799.

Alessandro Brignole

(Articolo tratto dal N° 18 del 24/05/2018 del settimanale “La Trebbia”)

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