Traschio, sulla via di Genova antico borgo alle porte di Ottone

Traschio è un borgo antichissimo, importante snodo stradale lungo la via di Genova, alle porte di Ottone. Le carte medievali lo evidenziano quale castello, a dominio di valle e fiume. Due passi tra le case riscontrano le sue peculiarità strategiche; storiche ed artistiche rilevanti. Piacevolmente là, tutto sorprende e incuriosisce, rinviando a lontani secoli e storie. Un gioiello romanico in bella pietra locale, sfumata dal tempo, tenue variegato pastello, giunto quasi integro fino a noi. E’ mutata (in meglio), infatti, solo la sua patina.
Nei pressi “sopravvivono” due ponti millenari. Il primo, molto suggestivo, a picco sulla sottostante cascatella, è fonte poetica di candida spuma in movimento.
Il secondo chiude il territorio di Traschio ed apre a campi verdissimi; ai vigneti esuberanti di Cà e San Bartolomeo. Si sconsiglia, purtroppo, una visita: l’esodo dalla montagna ha compromesso la sicurezza della zona, privandola di opportune manutenzioni. Ora quasi tutto è smottamento e frana. Pericolosità evidente. Peccato!
Decentrata dal paese, ma non troppo, si trova l’antica chiesa romanica di San Giovanni Battista, un tempo parrocchiale molto frequentata. Il suo campanile è recente, ma bene integrato nello stile. Pregevole opera fortemente voluta dall’ultimo parroco residente, don Guido Ghirardelli (1921/98), di felice memoria.
Il millesimo di fondazione della chiesa, scolpito sull’architrave della porta in facciata, “1583”, esalta e celebra l’età di quel venerabile manufatto. Rimanda alla volontà e ai forti sentimenti di lontane generazioni. Induce a spontaneo rispetto e pensieri profondi. L’interno, a navata unica, invita l’animo all’introspezione, qualora si colga spunto da meraviglioso confessionale in stile barocco cinquecentesco. Suscita sentimenti di estroversione il suggestivo quadro – tardo Seicento, incipiente Settecento – rappresentante Sant’Orsola e le sue compagne di martirio e fede.
La chiesa di Traschio, come poche altre in diocesi, sa accompagnare il fedele in itinerari di spiritualità profonde, forti. In viaggi verso lontane mete; importanti sviluppi esistenziali e trascendenze. Già la sua posizione solitaria e slanciata; artistica facciata col campanile originale a vela: trifora elegante ed ardita; marcapiano e lesene armoniose; timpano spezzato, cornice a morbido rosone crociforme… incantano.
Di detta chiesa così scrive mons. Cesare Bobbi (1863/1936), noto storico bobbiese: “E’ una piccola chiesa in onore di San Giovanni Battista, alla quale è pure annesso il cimitero. Unitamente alle frazioni di Losso e Santa Maria, fa un complesso di 150 anime. In quanto ad antichità una iscrizione sulla facciata della chiesa accenna al secolo XVI: se, invece, si pone mente ad alcuni arredi del piccolo coro si può risalire al 1400. Il titolo che gode è di succursale. Anch’esso da credito all’antica parrocchialità, quale si vuole, poscia estinta” (Cfr. Storia Ecclesiastica diocesana di Bobbio, Saranno, Tipografìa dell’Orfanatrofio 1927 – Parte II – fascicolo I pag. 39.
Negli anni Cinquanta del secolo scorso il Vescovo mons. Pietro Zuccarino, esaudendo gli auspici della popolazione, molto determinata, restituì a Trascino la parrocchialità perduta, staccandola da Ottone, sua matrice.
Ancora nel secolo scorso, sfilavano nei prati le commoventi processioni di San Giovanni, delle rogazioni, piene di fascino… Fiduciosi ottimismi da religione e vita. La festività del patrono associava i sacerdoti del vicariato e molti altri dei dintorni e di Bobbio. Numero e competenze musicali degli intervenienti dava enfasi alla liturgia e contribuiva a rendere il 24 giugno giornata molto speciale. In quella circostanza anche dalla rustica chiesa di Trascino, si innalzavano al cielo canti e musiche di altissima qualità per harmonium e coro di grandi autori (spesso: Perosi: Missa Pontificalis I/II, Tantum ergo, Litanie dei santi), come tipico delle grandi cattedrali!
I pochi attuali residenti ricordano con nostalgia quelle giornate di fede e di cultura, ora irripetibili, ma indimenticabili.
Colgo l’occasione per ricordare con affetto e riconoscenza l’ultima maestra di Trascino, Costanza Muzio Zanardi (1900/1972), premiata con medaglia d’oro per il suo lungo prezioso servizio nella scuola. La conobbi in modo diretto in occasione degli esami di V elementare, quale commissario esterno ad Ottone. A distanza di oltre mezzo secolo ho davanti ancora la sua dolcezza e il suo riguardo nei confronti di noi esaminandi, tesi e preoccupati dall’evento. Come pochi seppe subito mettere tutti a proprio agio, nella serenità e nella fiducia, consentendo a ciascuno di esprimere il meglio di se stesso. Sottoscritto compreso.

Attilio Carboni

(Articolo tratto dal N° 22 del 22/06/2017 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Ivan Ascione)

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