Bosco Fontana, il bosco dei discendenti che resiste allo sfruttamento

“Cambiare il mondo, amico Sancho, non è follia né utopia, ma solo giustizia”.

E un passo alla volta il mondo si può cambiare davvero. Lo sanno molto bene gli abitanti delle frazioni di Cerisola, Villarocca e Villanoce che quarant’anni prima della scoperta dell’America hanno dato vita a una storia dal sapore di leggenda: quella del Bosco Fontana nel cuore della Val d’Aveto. Trecentotrenta ettari di patrimonio boschivo che in questi anni gli abitanti si sono ritrovati a dover difendere dai fedautari Doria, dal Comune di Santo Stefano e persino da Napoleone.

Riassumere cinque secoli di storia sarebbe impossibile, i primi atti di proprietà risalgono al 1451, 1452, 1453, ma ci hanno provato lo stesso Giorgio Fontana e Fabrizio Bottari della Fondazione Bosco Fontana, che venerdì 7 luglio a Villarocca hanno invitato il senatore Giorgio Pagliari per parlare della legge 168/2017 – di cui è firmatario – che riconosce la funzione fondamentale dei beni collettivi per la vita e lo sviluppo delle comunità locali, evidenziandone la comproprietà tra le generazioni attuali e quelle future.
Una serata a cui sono stati invitati anche i rappresentanti delle Comunalie di Albareto in Val di Taro, i piccoli produttori e i rappresentati del gruppo di Rovegno.

La Fondazione Bosco Fontana, nata a giugno del 2022, ha cominciato a muovere i suoi primi passi molto prima raccogliendo le firme contro gli usi civici disposti dall’allora sindaco di Rezzoaglio nel 2017. Nel 2018 la delibera venne annullata ma il tempo per esultare non ci fu come racconta Fontana: «Nel 2021 abbiamo scoperto che la precedente amministrazione aveva preso accordi per la realizzazione di una centralina idroelettrica all’interno della nostra proprietà. È cominciata così la trattativa portata avanti dai referenti e abbiamo raggiunto un accordo con la società».

E in quegli anni è cominciato un lavoro fondamentale, la digitalizzazione degli archivi che dimostrano il caso più unico che raro del Bosco: non è una comunanza ma una vera e propria proprietà indivisa tra tutti i discendenti. Alle spalle la Fondazione si lascia riunioni e incontri nelle frazioni: tra i temi la regolamentazione del taglio delle piante nel bosco e il restauro dell’ex scuola di Cerisola e Rocca che grazie a bandi mirati potrebbe diventare, oltre a sede della Fondazione, un posto a gestione mista con l’Università degli Studi di Genova che già sta studiando il caso, è perché no, anche un museo. «La Fondazione è a tutti gli effetti uno strumento per partecipare a bandi, gare, ottenere fondi, fare tutto quello che prima non avremmo potuto», ha spiegato il presidente Bottari.

Ma è soprattutto uno strumento per creare benessere. La prova che un altro mondo è possibile è l’esistenza del Consorzio gli uomini di Massenzatica.
Il presidente Carlo Ragazzi con una semplicità disarmante durante la serata, ha svelato cosa c’è dietro al progetto in grado di creare occupazione e invertire la rotta dello spopolamento: «Abbiamo messo davanti a tutto il bene collettivo e non quello individuale».

E infatti ad oggi il consorzio – con i suoi oltre 300 ettari di terreno, è riuscito a vincere premi europei (come quello per il paesaggio) e a creare reddito per la comunità, seicento famiglie coinvolte in attività che soddisfano sia il commercio interno che quello esterno. Un modello che la Fondazione Bosco Fontana guarda con ammirazione: «Ci sembra fantascienza», ma la storia ha già dimostrato che per i discendenti di Gherardo e Opicino Fontana nulla è impossibile».

Alessandra Fontana

https://genova.repubblica.it/(17/07/2023)

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