“Fascia, la sua storia e la sua gente” libro di Pietro Guglieri

L’estate, dopo la realizzazione e l’inaugurazione del percorso interattivo, porta, al paese di Fascia, un’altra graditissima novità.
Pietro Guglieri, noto nell’ambiente escursionistico con il soprannome di “Pitter”, uno dei maggiori esperti di escursionistica, socio della sezione di Bolzaneto del C.A.I., accompagnatore emerito di escursionismo, autore, da ultimo, in materia, del volume “L’Alta Val Trebbia tra il Brugneto e il Dorbera, ha pubblicato un ultimo volumetto, in numero limitato e subito esaurito, intitolato “Fascia, la sua storia e la sua gente (vita e tradizioni del paese dal settecento ai giorni nostri)”.
L’Autore, partendo da una descrizione in generale, delle condizioni di vita nei nostri paesi di montagna nei secoli scorsi ed un breve cenno alla storia del paese di Fascia passa a descrivere, con competenze e precisione, le vie di comunicazione, le attività produttive, i commerci, l’alimentazione, le malattie e le cure dei tempi passati nel paese.
Affronta poi l’importante, ma ostico, tema del dialetto locale confrontandolo soprattutto col genovese e sottolineandone la stretta “ligusticità”.
Ricorda poi le tradizioni del paese ed i proverbi che con il tempo, cadono, sempre più, in disuso e dimenticati.
Oggi pochi ricordano che la Domenica delle Palme è la “festa dae ramuiie” con evidente richiamo alla provenzale “fête des rameaux”. Allora l’ulivo era distante da Fascia.
Il giorno del Corpus Domini le strade e le fontane vengono ancora adornate con i rami fioriti del maggiociondolo (asburnö) i cui grappoli vengono poi infilati nelle testate dei letti in segno di augurio di fertilità, mentre è già scomparso l’uso di confezionare con la palma benedetta, una piccola croce da inchiodare ogni anno alla porta della casa o della stalla.
I proverbi servivano a dare, in poche parole, insegnamenti morali e indirizzi pratici che derivavano dall’esperienza vissuta con richiami alla vita di ogni giorno (Sant’Andria, quandu ö freidö ö sc-ciappa a pria), o, addirittura, per parlare della difficoltà di recuperare la stima e la fiducia di qualcuno ricorrendo a reminiscenze stori-he (perdun l’è a Marignan) con evidente riferimento alla battaglia del 1515 o a consigli per l’agricoltura quando ad esempio si fa riferimento alla pioggia (pe Sant’Anna l’è tutta manna, pe San Löensö l’è ancön a tempo, pe San Bertumiè a serve sölö pe lavase i piè).

Ricordata la storia della Chiesa della SS. Annunziata e dei suoi 43 parroci che dal 1647 ad oggi l’hanno governata, si passa al capitolo che ricorda l’antica vita in famiglia per arrivare, infine, a descrivere, con certosina precisione, le singole case, le antiche famiglie con il loro soprannomi, in quanto, un tempo, la quasi totalità degli abitanti portava lo stesso cognome “Varni”.
In proposito c’è chi fa risalire tale cognome ad una antica tribù germanica (Varni, Varini, Warni, Waerne, Varnii) citata da Procopio, Tacito, Plinio il vecchio ed altri, proveniente dallo Jutland odierna Danimarca scesi poi con il Longobardi in Italia e con i Vandali in Spagna.
Ma questa è tutta un’altra storia. Sta di fatto che il volume del Guglieri costituisce un prezioso documento della storia e della vita di un piccolo paese del nostro Appenino ed un messaggio da tramandare alle future generazioni.

Elvio Varni

(Articolo tratto dal N° 29 del 08/09/2022 del settimanale “La Trebbia”)

 

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