Operazione choc in Val Trebbia Corruzione, tre sindaci arrestati

È abituata a resistere e a lottare, la gente dell’Alta Val Trebbia. Ma stavolta il terremoto giudiziario di cui si è scoperta l’epicentro rischia di scavare crepe profonde, perché va ad intaccare quelle figure che dei valori della montagna sono stati, finora, i simboli. In certi casi, addirittura i paladini.
Ci sono anche il sindaco di Cerignale Massimo Castelli, responsabile Anci per i piccoli Comuni, e quelli di Cortebrugnatella Marco Guarnieri e di Bobbio Roberto Pasquali, tra gli arrestati nell’indagine della Procura di Piacenza che ha portato alla luce un sistema di «corruzione diffusa» – così l’ha definito la procuratrice Maria Grazia Pradella – basato sull’intreccio tra alcuni imprenditori, amministratori locali e tecnici comunali. Una vera e propria associazione a delinquere, arrivata, dal 2018 ad oggi, a «dominare» – ha puntualizzato la procuratrice – gli appalti e le gare pubbliche negli enti locali della Val Trebbia. Nulla c’entra la criminalità organizzata. Né il colore politico. Secondo gli inquirenti, era il più classico dei do ut des: profitto, per gli imprenditori, interesse personale, per sindaci e funzionari dei Comuni.
Gli indagati sono 53. Tra di essi, oltre ai primi cittadini, c’è Tommaso Foti, deputato di Fratelli d’Italia, accusato di corruzione e traffico di influenze illecite: avrebbe ricevuto 3mila euro per aiutare un’azienda.
È già stata disposta la custodia cautelare in carcere per Castelli, Guarnieri e gli imprenditori Nunzio Susino e Maurizio Ridella, mentre si trovano agli arresti domiciliari Pasquali, l’imprenditore Filippo Giardini, il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Ferriere Carlo Labati e l’ex responsabile del settore per il Comune di Bobbio Claudio Tirelli, i collaboratori dell’Unione dei Comuni Valtrebbia e Val Luretta, Roberto Raffo e Matteo Guerci, il direttore dei Servizi Edili della Provincia di Piacenza Stefano Pozzoli. Divieto di dimora sul territorio comunale per il vicesindaco di Zerba Claudia Borré.
Per quanto la procuratrice Pradella ci tenga a ricordare che le persone citate non sono colpevoli fino a processo concluso, le accuse di cui devono rispondere restano pesantissime. «Un pugno nello stomaco», commenta il sindaco di Piacenza e presidente della Provincia, Patrizia Barbieri. Oltre al reato di associazione a delinquere, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, turbata libertà degli incanti e della libertà del procedimento di scelta del contraente, frode nelle pubbliche forniture, falso materiale e ideologico commesso dal pubblico ufficiale, truffa ai danni dello Stato e perfino voto di scambio. L’imprenditore considerato deus ex machina del sistema pare contrattasse anche il successo elettorale. «Abbiamo le prove di un candidato eletto nel 2019 grazie alle preferenze pagate attraverso di lui: per accertarsi del risultato, chiedeva la foto della scheda elettorale», ha detto Pradella. Al vaglio è un caso analogo per le Regionali del 2020.
Il lavoro degli inquirenti – supportati da trecento militari dell’Arma dei Carabinieri di Piacenza, tra pedinamenti, intercettazioni, perquisizioni – sembra essere solo all’inizio.
Nel frattempo, è stata disposta la verifica su alcuni lavori: il gioco al ribasso nelle aste potrebbe essere stato compensato dall’utilizzo di materiali scadenti, ad esempio per la manutenzione delle strade.

Barbara Sartori Da Avvenire

(Articolo tratto dal N° 6 del 17/02/2022 del settimanale “La Trebbia”)

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