Pizzonero (Ottone)

Foto di Giovanni Cordera

Pizzonero (1034 mt.) dal toponimo ligure “pizzo” (lembo di terra), rappresentato da case disposte su terrazze dove emerge l’oratorio di S. Bernardo, d’origine medioevale, rimaneggiato nel XVII secolo e in tempi successivi, preceduto da un cimitero.
A Pizzonero ogni anno, il 20 agosto, si festeggia San Bernardo, patrono delle genti di montagna. Una festa speciale perché è accompagnata dalla musica tradizionale – con piffero e fisarmonica- la cui lontana origine è proprio tra questi monti. La festa inizia nel pomeriggio a Belnome, dove si ritrovano ospiti e suonatori, e percorrendo un sentiero nel bosco si parte suonando e cantando verso Pizzonero. Una volta raggiunto il paese, accolti dalla calda ospitalità degli abitanti, si cena e si balla fino a notte inoltrata. A festa finita, muniti di torce, si ritorna a piedi a Belnome dove si fa colazione.

Una testimonianza Gianluca Bonazzi tratta dal sito “Dove comincia l’Appennino“:
Non capivo quando mai sarei riuscito ad arrivare alla festa di Pizzonero, perché la strada mi sembrava infinita, guardavo la parete a strapiombo sulla strada che ti collega a Pej e mi sembrava di essere su delle Alpi, più piccole.
Quando il camminare era l’unità di misura del vivere quotidiano, Pizzonero si presentava con più facce: una guardava verso il Genovese, da dove arriva tuttora la strada sterrata, un’altra verso Belnome in val Boreca e un’altra ancora verso Ottone, raggiungibile in 4 ore. Dopo l’abbandono negli anni Sessanta e la sua ripresa negli Ottanta da parte di alcuni capitani coraggiosi al toldo di una nave tutta da sistemare, Pizzonero si presenta oggi in modo più uniforme, con la faccia rivolta più che altro verso il Genovese, cioè dai territori da dove provengono i suoi residenti estivi.
Tutto ciò la dice lunga su come cambia un luogo e la percezione di esso nel corso del tempo. Oltre che per come ci appare ora, il fascino delle Quattro Province e di questi luoghi in particolare risiede quindi nel fatto di donarci anche uno stimolo di natura mentale.
Comunque quella che conducono le buone persone di Pizzonero è veramente un’encomiabile, aspra e continua battaglia per tenerlo in vita, che si rinnova ogni anno, e la mitica festa di San Bernardo ne è praticamente il magico suggello. Ed è bello e oltremodo significativo che la natura venga celebrata in tale contesto di spazio e di tempo: san Bernardo fu colui che disse che c’è più da imparare dal linguaggio della foresta che da quello degli uomini!
Nel giorno della sua festa tanti arrivano a piedi da Belnome, come se si trattasse di andare in processione ad una specie di rito salvifico, anche di sé stessi, e ogni anno c’è sempre qualcuno di nuovo che si aggiunge. Quest’anno il richiamo è stato particolarmente forte per me e poi ho trasmesso il germe del Pizzonero anche ad altri: insieme ad una ragazza di Roma, una di Verona, una di Milano e uno di Novara, siamo partiti dal Cuneese alle 11 di domenica 20 agosto, dopo una settimana di danze occitane. Siamo arrivati stremati ma felici alle 20 a Belnome, dopo una lunga odissea automobilistica e poi dopo le 21 abbiamo conquistato la meta! Lungo il sentiero, alcuni secolari castagni dalle forme contorte, nella penombra, hanno reso ancor più solenne e intrigante il cammino.
Che viaggio, che paesaggio, che gente, che atmosfera: sono state le parole di tutti per una giornata indimenticabile! Ben accolti e rifocillati, ci siamo buttati nelle danze, come abbiamo potuto, consapevoli che essere attivi testimoni della serata era già un successo. Dopo le 2 ci siamo messi a dormire in cinque, per quanto possibile, nella stanza che funge da bar. Alle 7.30 ci siamo svegliati e un imprevisto caffè, gentilmente offerto da un giovane del posto, ci ha spronato a dare le migliori energie per far un buon ritorno a casa.
Così è stato: dopo però aver fatto, più del solito, quattro passi fra le nuvole delle Quattro Province, io mi chiedo una volta di più qual è il senso del mondo vissuto normalmente. Preferisco non saperlo e pensare invece che ho, nel giardino d’affezione del mio cuore, un luogo particolarissimo: una nicchia preziosa come fosse l’incavo della mano di una gentil donzella! Da essa mi faccio cullare tutte le volte che posso andare a trovarla, per inneggiare ai canti della bellezza che si dispiega lenta e senza inutili bagliori.
La magica sintonia che si è creata tra noi e il luogo è stata incoronata da uno nostro semplice scritto, vergato con le nostre firme su una vecchia carta da alimenti, dato all’uomo del caffè, e dice: “Io Gianluca, a nome della compagnia, esprime ammirazione per l’anima del luogo e delle sue persone. Esprime altresì ringraziamento rusticano per l’ospitalità ricevuta. Ci è sembrato di essere veri pellegrini. Vi auguriamo ogni bene.”

(Fonti: Guida turistica “Piacenza e la sua provincia” di Leonardo Cafferini e sito “Dove comincia l’Appennino“)

La villa di Pizzonero (Piscinèigheri) nel 1665 apparteneva alla parrocchia di Bogli ed aveva un oratorio dedicato a San Bernardo; i suoi abitanti (anime) erano raggruppati in cinque famiglie (fuochi).
Dopo ottanta anni, ossia nel 1745, nel paese vivevano 35 abitanti (anime) suddivisi in otto famiglie (fuochi).

(Fonte: “Le antiche mulattiere” di Guido Ferretti)

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