Bobbio nella preistoria – il villaggio Neolitico del Groppo

Escursus storico dal 5000 a.C. al 1100 a.C.

La storia di Bobbio segue la storia dell’Italia specie settentrionale, ma anche europea distinguendosi molto per vicissitudini locali, inerenti alla preistoria ed al periodo romano prima (14 a.C.) e soprattutto all’arrivo di San Colom­bano (614) e alla poi formazione del feudo monastico dell’Abbazia che diverrà in seguito: Sede vescovile (1014), Contea vescovile (1028), Comune prima consolare e poi podestarile (1125), Signoria prima del Malaspina (1304) e poi dei Visconti (1341) con la rinascita del Comune (1342), Contea del Ducato di Milano sotto i Dal Verme (1436-1743), Marchesato (1516) sotto il Principato di Pavia, Provincia di Bobbio (1743-1861) sotto i Savoia [con la parentesi ligure (1797-1848) ed alessandrina (1848-1861)], Circondario (1861) sotto la Provincia di Pavia e dal 1923 comune piacentino.

I reperti archeologici locali ci consentono di stabilire una presenza dell’uomo durante il Neolitico (5000-2800 a.C.), un periodo della preistoria, l’ultimo dei tre che costituiscono l’età della pietra.

Etimologicamente il termine “neolitico” deriva dalle due parole greche neos, “nuovo” ; lithos, “pietra”: fu infatti contraddistinto da notevoli inno­vazioni nella litotecnica, tra le quali la principale è rappresentata dall’uso della levigatura. Altre innovazioni furono l’introduzione dell’uso della ceramica, dell’agricoltura e dell’allevamento.
Nell’Europa mediterranea la prima ondata di neolitizzazione giunse dal mare, con la diffusione della ceramica impressa, decorata con impressioni a crudo ottenute prevalentemente con la conchiglia del genere Cardium (da cui anche l’appellativo di ceramica car­diale), su tutte le coste del Mediterraneo occidentale, dalla Liguria alla Francia meridionale ed alla Spagna.
In Italia settentrionale la variante della cultura della ceramica impressa ligure, si affermò sulla costa della Liguria nella prima metà del VI millennio a.C. . Alla fine del millennio l’area della pianura padana era interessata da un mosaico di culture accomunate dalla decorazione ceramica. Alla colonizzazione degli agricoltori neolitici, che avevano proba­bilmente seguito percorsi commerciali già solidamente stabiliti in precedenza, si mescolò l’assimilazione delle pratiche neolitiche da parte delle comunità locali mesolitiche, portando ad attardamenti nell’industria litica (utensili in pietra) e nel mantenimento degli usi di caccia e raccolta. All’inizio del V millennio a.C. il precedente mosaico culturale venne sostituito dall’unitaria cultura dei vasi a bocca quadrata, diffusa dalla Liguria al Veneto. Alla fine del millennio l’area fu progressivamente influenzata dalla cultura di Chassey (in Italia anche detta cultura di Lagozza), originaria dalla Francia, che finì con il sostituire la cultura precedente.

L’insediamento neolitico principale era il villaggio del Groppo sotto il monte omonimo e risulta il più antico insediamento umano della nostra zona, infatti era già abitato circa 7000 anni fa. La sua posizione strategica fortificata era sul displuvio della valle del Tidone e del Trebbia, a poca distanza dal monte Pradegna e dalle cime dei monti Pan Perduto e Pietra Corva, e per ben 5000 anni fu preferita ad altre località e forse fu una delle ultime fortezze liguri a cadere sotto l’Impero Romano.
Qui gli scavi iniziati dal 1972 hanno rivelato manufatti litici e numerosi fram­menti di ceramica impressa, accette ed asce realizzate con serpentino verde e lame in selce biancastra, una delle quali presenta una bella forma di foglia. d’alloro.
Le testimonianze più arcaiche partono dal Neolitico inferiore (5000-4100 a .C.) con frammenti di ceramica impressa ad impasto grossolano di colore grigio scuro o rossiccio, con spessore notevole e molto irregolare; sono parti di pen­tole, vasi, scodelle e bicchieri costruiti senza l’ausilio del tornio. Si ritrovano rozzi coltelli in selce e punte di frecce. Inoltre dagli strumenti rinvenuti si riesce ad appurare che l’alimentazione era basata prevalentemente sulla caccia e sulla pesca e che l’uomo viveva nelle grotte. Durante il periodo del Neolitico medio (4100-3500 a.C.) la tecnica di lavorazione si affina notevolmente e vengono rinvenute ceramiche di color bruno lucido con uno spessore più sottile e regolare e ben decorata, le asce, i coltelli e le punte di frecce sono in serpentino e ben levigate, inoltre si trovano amuleti, anelli e frammenti di collane; infine l’agricoltura sembra divenuta l’occupazione principale ma l’abitazione permane ancora all’interno delle grotte. Nel Neolitico superiore (3500-2800 a.C.) le attività umane si potevano definire “industriali” e si praticava la tessitura, in questo periodo la ceramica è più lucida e sottile e fina­lizzata alle attività stanziali. Nell’Ene­olitico (2800-2300 a.C.) il passaggio dall’età del Rame a quella del Bronzo è segnato dall’abbandono delle abitazioni in caverna ora utilizzati come sepolcri, e dalla costruzione di abitazioni in villaggi all’aperto.
Nel1928 a Pian dei Castelli si trovarono reperti risalenti all’Età del Bronzo (2300-1100 a.C), un’ascia ad alette e una punta di lancia in bronzo a forma di foglia. Anche nel villaggio del Groppo sono rinvenuti pregevoli reperti bronzei, come fibule, braccialetti, anelli ma anche asce e coltelli, la cui fusione del metallo era fatta sul luogo.

Quasi tutti i reperti sono conservati al Museo di Archeologia Ligure di Genova a Pegli, ospitato nelle sale della Villa Durazzo-Pallavicini; altro materiale rinvenuto è al Museo archeologico Nazionale di Parma. Probabilmente vi erano altri insediamenti rimasti sco­nosciuti anche per l’interruzione delle ricerche archeologiche.

Nei dintorni vi sono altri insediamenti neolitici: in Val Trebbia a Travo si trova il Parco Archeologico Villaggio Neolitico di S. Andrea, i cui reperti sono conser­vati nel Museo Civico Archeologico del castello Anguissola; a Rovegno viene ritrovata un’ascia in pietra nella frazione di Zerbo; altri ritrovamenti a Zerba in Val Boreca e nell’alta Val Trebbia.
In Val d’Aveto sono ritrovati manufatti in selce e diaspro vicino ai tronchi sub fossili di abete nei pressi del Lago degli Abeti, oggi conservati nel Museo Archeologico di Chiavari.
Nella Val Tidone vicino a Pianello vengono ritrovati alcuni strumenti in pietra levigati e selce, rinvenuti sul pianoro alla confluenza dei torrenti Tidone e Chiarone, nella Piana di San Martino e nelle grotte a Rocca d’Olgisio, ora esposti nel Museo Archeologico della Valtidone; in Val Staffora a San Ponzo Semola frazione di Ponte Nizza comune vicino a Varzi, in una grotta sulla vetta del monte Vallassa a metà tra la val Curone e la valle Staffora, sono rinvenuti attrezzi e armi in pietra levigata altri ritrovamenti a Zavattarello, Castellaro, Salice Terme e Castelliere di Guardamonte.

Gian Luca Libretti

(Articolo tratto dal N” 25 del 02/07/09 del settimanale “La Trebbia”)

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