Popolazione | 7046 (al 31/12/2019) |
CAP | 29029 |
Comune | Via San Rocco, 24 |
Telefono | 0523.953.511 |
Fax | 0523.953.520 |
Superficie | 43,83 Kmq |
Altezza s.l.m. | 140 |
Codice ISTAT | 033038 |
Codice catasto | H350 |
Sito internet | www.comune.rivergaro.pc.it |
protocollo@comune.rivergaro.pc.it | |
Pec | comune.rivergaro@sintranet.legalmail.it |
Il nome Rivergaro si ritiene possa derivare da “rio Vergaro” il ruscello che scende dai colli di Bassano e attraversa il paese fino al Trebbia. Il rio Vergaro, lambendo le fondamenta dell’Oratorio di San Rocco, una volta scendeva scoperto. Nei documenti più antichi si trova il paese chiamato: “Rivalgario”, “Rivalegario”, poi infine Rivegaro”. Prima pagina del verbale della prima visita pastorale del Vescovo Cardinale Bellarmino Scotti, uno dei primi documenti in cui viene citata la città di Rivergaro.
Rivergaro è ricordato dagli storici in quanto in questo luogo c’era un munitissimo castello che è servito spesso come rifugio dei signori e nobili di parte ghibellina i quali in lotta con i popolari e la parte guelfa, quando soccombevano in città, si asserragliavano a Rivergaro.
La posizione vicino alla città, perciò di comodo accesso, e il castello fortificato, fecero di Rivergaro un punto di riferimento per la parte ghibellina che quando era sconfitta, cercava di riorganizzarsi in attesa di riprendersi per riconquistare la supremazia.
Nel 1233, dopo un breve periodo di pace ottenuto per opera di un certo frate Leone Perego, i nobili e i popolari furono di nuovo in lotta. I nobili ebbero la peggio e, assaliti un po’ ovunque, si ritirarono con le proprie famiglie “nel forte luogo di Rivergaro ove per capo e podestà loro si elessero il marchese Obizzo Malaspina”.
L’anno dopo i popolari, con a capo Oberto Pallavicino, assieme a truppe cremonesi, tentarono di snidare i nobili dal paese, da cui questi con sorprese e scorrerie tenevano in angustia e soggezione continua la città e il contado. Nell’ottobre i nobili, non potendo più sostenere la loro posizione, trattarono col partito dei popolari e ritornarono in pace a Piacenza.
Nel 1251 si è di nuovo in lotta. Ora Oberto Pelavicino è contro il partito dei nobili e con un esercito composto di popolari, cremonesi e parmigiani assedia vari castelli: di Raglio, di Chero, di S. Lorenzo, di Fontana, di Olubra e di Travo. Naturalmente Rivergaro fu il teatro principale di lotta e molti nobili vi furono fatti prigionieri. Nuovo fatto d’armi avvenne nel 1307 sempre tra i guelfi, che dominavano Piacenza, e i ghibellini. Questi ultimi non ritennero sicuro neanche Rivergaro, anzi fuggirono a Pigazzano e da quelle alture ingaggiarono battaglia e questa volta trionfarono sui guelfi.
Nel 1309 il gruppo di nobili coi loro capi sono di nuovo in loco per tentare la resistenza. E’ un alternarsi di queste vicende. Non si trova a Rivergaro la figura del “Console”, istituzione esistente in tutti gli altri paesi vicini e anche in quelli del contado piacentino, eccetto appunto i paesi dove esisteva un feudatario. Il Console era responsabile del paese, eletto ogni anno in genere dalla base con compiti di rappresentanza del popolo, funzione amministrativa e in certo modo anche giudiziarie, intermediario tra il governo e la gente.
A Rivergaro esisteva invece, dal secolo XIV, cioè dal periodo della denominazione Viscontea, il “Capitano del Divieto”. Era una carica molto importante istituita dal Signore con funzioni di controllo, per così dire, negativo, da cui il nome “del Divieto” e di carattere fiscale e penale; il Capitano del Divieto era destinato, soprattutto nei primi tempi, ad evitare il contrabbando e l’uscita delle derrate coommestibili: granaglie e generi comunque attinenti all’agricoltura. Veniva nominato direttamente dal Signore e di regola non era piacentino, ma forestiero perché fosse più ligio a sostenere gli interessi del padrone. Le sue funzioni non riguardavano la città, ma la campagna e fin dalla sua istituzione il Capitano del Divieto ebbe come sede Rivergaro. La ragione di questo, si pensa, è perché, Rivergaro era importante come località posta all’imbocco della Valtrebbia in posizione eminente, intermediaria e centrale tra la bassa e l’alta vallata, e anche perché Rivergaro era già famosa per varie vicende.
Il Capitano con i suoi uomini percorreva instancabilmente tutta la zona, vigilava confini e strade, ponti e fiumi, borgate, villaggi e casolari dispersi. Oltre a queste funzioni fiscali aveva anche quelle di mantenere l’ordine pubblico, reprimere le fazioni e i partiti. Vigilava perché i malviventi, i banditi e i ribelli non fossero ospitati nelle taverne e nei casolari. Tutti avevano l’autorità di arrestare questi fuoriusciti, avvisandone al più presto il Capitano del Divieto che provvedeva a tradurli nelle prigioni di Rivergaro. Tutte queste attività rendevano odioso un tale personaggio che aveva nelle principali località e più tardi anche a Piacenza i suoi punti di appoggio.
Incoronazione della statua della Madonna del Castello, fatta dal Servo di Dio Mons. Giovanni Battista Scalabrini, in Piazza Grande il 15 giugno 1902.
Venendo a tempi più recenti Rivergaro è stata teatro di molti eventi legati alla seconda guerra mondiale e in particolare ai partigiani. Al riguardo pubblichiamo qualche stralcio dalla testimonianza di Gian Maria Guasti:
“…il territorio controllato era vasto e le nostre pattuglie arrivavano fino nei pressi di Rivergaro dove si incontravano con altre colonne provenienti da Piacenza …”.
“…non venni rifornito di dotazione supplementare di munizioni assegnate invece alle squadre sul lato opposto verso Rivergaro dove si presumeva arrivasse l’attacco. Qualche stratega avversario aveva considerato la stessa cosa o più probabilmente, ben informato da spie, contava sul fattore sorpresa e sull’imprevisto perché fu proprio davanti alla mia postazione che avvenne l’attacco e lo scontro …”
Rivergaro è situato nei primi rilievi collinari, lambiti dal fiume Trebbia, e il territorio che lo circonda è punteggiato da rigogliosi vitigni che si alternano ai boschi di castagni, querce, olmi e frassini.
Per la sua felice posizione lungo il fiume, con il territorio leggermente digradante sulle prime colline, il comune ha una spiccata vocazione turistica, sia per turismo di passaggio essendo punto obbligato per l’accesso all’alta val Trebbia (esistono punti panoramici e un lungo fiume attrezzato nel capoluogo), sia per quello residenziale con molte seconde case per vacanze. Buona la disponibilità ricettiva con numerosi agriturismi, trattorie e ristoranti, sparsi anche nelle più piccole frazioni, che propongono i piatti della cucina piacentina e i vini locali. Nella parte di pianura è ben sviluppata l’agricoltura, anche se si stanno sviluppando le zone industriali-artigianali.
In piazza San Paolo troviamo il Municipio, costruito nel XVII secolo e rimaneggiato in tempi successivi, adiacente all’oratorio di San Rocco, costruito ne XVI secolo e riedificato nel 1613 con il contributo di Ranuccio I Farnese, sotto la tutela degli Anguissola, rimaneggiato nel 1827 in stile neoclassico.
Percorrendo una salita si giunge alla piazzetta dell’antico centro, dove esisteva il castello, baluardo della resistenza ghibellina contro le rivolte dei popolani, insieme a quello di San Giacomo e di Diara, sostituito alla fine del XVIII secolo da Villa Anguissola Scotti, oluta dal nobile Ranuccio Anguissola, proseguita dal fratello Luigi. Progettata da Lotario Tomba, architetto piacentino che realizzò il teatro Municipale e il Palazzo del Governatore a Piacenza, in stile neoclassico. Ingresso principale preceduto da una cancellata con ai lati due serre,facciata scandita da colonne ioniche con timpano finale. Nella parte retrostante giardino progettato dal milanese Villoresi, di proprietà privata.
La chiesa di S. Agata fu costruita tra il 1810 e il 1819 su progetto di Antonio Tomba, nipote di Lotario; facciata neoclassica, interno decorato con stucchi e affreschi, con arredi provenienti da chiese piacentine: l’altare maggiore, i due laterali e il pulpito dalla chiesa di S. Agostino, il coro ligneo dalla chiesa di S. Vincenzo. Organo del Bossi del 1866 e baldacchino del 1836.
In bella terrazza il santuario della Madonna delle Grazie, in origine cappella privata del castello di S. Giacomo, rimaneggiato tra il XIX e il XX secolo, con tracce della struttura del X secolo. Facciata e torre neoclassica, interno ad unica navata; nell’altare maggiore è collocata la statua della Madonna delle Grazie del XII secolo, ritoccata in tempi successivi.
LE FRAZIONI
Le frazione del comune di Rivergaro sono: Acquesio, Ancarano, Bassano, Ca’ Buschi, Cisiano, Colonese, Diara, Fabbiano, Gerolo, Larzano, Mirafiori, Mandrola, Niviano, Ottavello, Pieve Dugliara, Pozzolo, Rallio di Montechiaro, Roveleto Landi, Suzzano
(Fonti: Guida turistica “Piacenza e la sua provincia” di Leonardo Cafferini e http://www.comune.rivergaro.pc.it)
(La fotografia di Rivergaro è di Leonardo Arrisi)
Gli appunti di toponomastica del Notiziario bobbiese
Rvarghèr – Al Varghè(r) con la “r” semimuta. Questo nome non si trova nei documenti più antichi. Per quanto ci consta compare per la prima volta nei Codice Diplomatico di San Colombano – anno 1139 : Rivalgario; poi in Annales placentini sotto l’anno 1220 e si presenta : Rivalgarium. Ancora è Rivalgarium negli Statuti di Piacenza del 1321. Non ricordiamo più in qual documento posteriore trovammo pure Rivo Algario. Il Molossi nel suo Vocabolario topografico dei ducati di Parma e Piacenza e Guastalla – 1932 – 34 Parma, dice sotto voce: «Il rio Vergario che discende dai colli di Bassano e da cui probabilmente prese nome, lo traversa e sbocca in Trebbia ». Il nome è di etimo molto incerto. È solo sicura tanto sul luogo come nel toponimo la presenza di un Rio. Se fosse vera la denominazione “Rio Algario” si potrebbe pensare a un Rio delle Alghe. Algario da alga come: pomarium da pomus o pomum – cotoniarium da cotonius o cotonium che diede presso Bobbio il toponimo “Curgnè. (in Bobbiese Rivergaro si dice Rvarghè) – Rivergaro da rio Vergaro o Vagaro. Avrebbe una conferma nel costante dileguo nella nostra zona della seconda sillaba di “rivus”. Non siamo stati capaci di rintracciare la presenza nel dialetto locale del termine “alga”. Qualcuno ci fece pensare a Rivus Vallicarium da un Vallicum = valico, facendoci notare che qui c’era una dogana intermedia come appare nella Storia di Piacenza del Poggiali e nello stesso Molossi. Anche l’Olivieri crede che il toponimo possa derivare da un composto di rivus e *varicarium, cioè “rio del guado”, da connettere con i toscani Al Valicaio, (la) Valicaia (per i quali v. Pieri 1898,170 e 1919, 331).
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