Come non far morire una valle

Quali risorse possiamo trovare oggi in Val Trebbia e in Val d’Aveto per combattere l’abbandono?
Il mio scritto inizia con la constatazione dell’immensa tristezza che si prova a risalire la val Trebbia, oltre Bobbio in inverno, ormai qui si tocca con mano l’isolamento più puro, si è giunti al termine del ciclo di abbandono della Montagna. Non è così oltre il confine regionale, in provincia di Genova, altre politiche, altra attenzione per la montagna.
L’amore per questa terra, completamente spopolata mi ha spinto a scrivere un libro-proposta, quasi un testa­mento. Questo per cercare di invertire la tendenza all’abbandono, che è lo scopo prioritario dell’ASC, creando o individuando opportunità di lavoro con le poche risorse disponibili in mon­tagna. Un libro per cercare di fermare il degrado, per evitare che si abbia solo un egoistico utilizzo ludico delle poche risorse naturali che la montagna possiede e per dare uno scossone alla sonnolenta Piacenza, come si dice nella prefazione, facendo ben presente che questa ludicità non ha mai portato vero turismo e conseguentemente alcun ritorno economico, sufficiente anche per mantenere una sola famiglia.
Cosa hai inteso proporre ai lettori di oggi, soprattutto alle autorità e alle Istituzioni?
Il libro con il sottile filo della storia fa l’escursus delle Alte Valli dall’inizio dal primo ‘900 ai tempi nostri, evidenziando i periodi più salienti e soffermandosi in particolare sugli ultimi decenni. La mistificazione della reale consistenza delle iniziative che si intendeva prendere e con la creazione tramite i media, di un terrorismo ecologico impossibile, ha fatto breccia nella gente e non ha permesso alla valle alcuna sopravvivenza ben che meno di sviluppo.
Che impatto hanno avuto su di te i giudizi e i pregiudizi delle autorità piacentine nei riguardi delle tue idee e delle tue proposte?
Il libro denuncia l’ecoterrorismo che ha portato a demonizzare tutto e tutti, costruito con slogan e fantomatiche bugie. Sta il fatto che la non conoscenza delle problematiche da parte delle persone interessate ha “infinocchiato” molta gente e così ha giocato un ruolo importantissimo nel bloccare ogni iniziativa e nell’attuare politiche scellerate, con le conseguenze che si vedono. Ma molti, definiti egoisti ludici, teorici dell’assenza umana e che non hanno le minime conoscenze di come era fruibile la montagna quando era intensamente antropizzata, amano essere soli a pescare, a passeggiare, a cacciare, a raccogliere funghi, in luoghi ormai inaccessibili per la scomparsa di ogni minimo sentiero. Che importa se la montagna continua il suo degrado, tanto, io solo, ancora abbastanza giovanile, riesco a districarmi fra i rovi con ludibrio.
Allora quale la tua proposta per invertire la tendenza all’abbandono delle nostre valli?
Per invertire questa tendenza il libro fa una proposta, non campata per l’aria, o fatta, come spesso avviene, senza basi tecnico-giuridiche, anche da parte di nostri Amministratori. Una proposta vecchia di cento anni, relativamente alla risorsa acqua della montagna ed alla sua necessità in pianura, i cui contenuti tecnici e socioeconomici di sintesi, verranno presentati in un prossimo numero.
Cosa ti attendi dalla presentazione del tuo libro? Avrai delle presenze prestigiose che contano?
Con la presentazione del libro e con interventi di Esperti, Tecnici, Politici, Enti, Società, Amministratori ed Associazioni, l’ASC sta predisponendo per la realizzazione di un Convegno dal titolo COME non FAR MORIRE UNA VALLE, che si terrà presso la Sala Congressi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza con inizio alle ore 9 del 1° Aprile 2011.

A cura di Guido Migliavacca

(Intervista tratta dal N° 8 del 24/02/2010 del settimanale “La Trebbia”)24

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