Le tre chiese di Ottone: la parrocchiale, San Bartolomeo e l’oratorio di San Rocco

La Chiesa parrocchiale

Il Monastero di S. Pietro in ciel d’oro di Pavia possedeva beni e diritti in alta Val Trebbia/Aveto, trasferiti in seguito al Vescovato di Tortona che sugli stessi mantenne giurisdizione ecclesiastica sino al Congresso di Vienna. In Ottone funzionava l’antica Chiesa di San Marziano (primo Vescovo e martire tortonese, evangelizzatore dell’omonimo Agro), risalente all’alto medioevo. Ubicata nella valletta del torrente Ventra, nei pressi del castello, fu ritenuta non più idonea al culto per la scarsa capienza e lo stato precario di conservazione. A partire dal XVI secolo si cominciò a far ferimento all’oratorio di San Bartolomeo, fuori paese. Lo sviluppo demografico e l’accresciuta importanza economica di Ottone, nonché il disagio della popolazione, costretta ad impegnativi trasferimenti per assistere alle funzioni religiose, determinarono la costruzione dell’attuale Chiesa parrocchiale di San Marziano. Nell’anno 1690 si diede principio alla fabbrica, come risulta dai documenti d’archivio: “l’anno 1690 io P. Pellegrino Balzarino, quondam Gio Mario, fui eletto arciprete del luogo, e con il consenso della comunità di Ottone e del Sig. Principe che mandò maestro Andrea Parodi, capo d’opera, e disegnò la nuova Chiesa del moderno, si cominciò il coro e si fabbricò sino alla cornice”. I lavori si protrassero per alcuni anni e, finalmente, nel 1705 si conclusero con la realizzazione dell’altare maggiore.

La Chiesa di S.Marziano di Ottone è uno splendido esempio architettonico di barocchetto genovese, con le proporzioni e gli sviluppi tipici dello stile. Di notevole valore artistico sono il coro, opera d’intaglio di alta scuola genovese; gli armadi della sacrestia; gli stucchi, ovunque diffusi; il pulpito, dalle sinuosità delicate; i lampadari, con pendenti in cristallo di rocca e medaglioni, di natura e taglio dai piacevoli effetti di riverbero. L’altare maggiore, considerato tra i più belli della Liguria, elabora virtuosismi di marmi policromi nel movimento leggiero dei ripiani; nella dolce espressione dei putti.

La statua della Madonna del Rosario ed il crocifisso del presbiterio sono opere di altissimo livello figurativo, riferibili alla scuola del Maragliano. Gli ottonesi venerano in modo particolare N.S. della Salute, con i festeggiamenti della seconda domenica di settembre. Il bel quadro della Madonna, collocato presso il relativo altare, è una copia non mediocre del dipinto “Mater Amabilis” di Giovanni Battista Salvi, detto il “Sassoferrato”. Gli ovali posti tra le lesene, al di sopra dei confessionali e delle porte laterali, sono stati acquistati nella seconda metà del ‘700, direttamente dal grande pittore fiammingo Ermanno Gheerdec, molto attivo a Piacenza e dintorni. Rappresentano Santi, Martiri, Misteri della fede.

Il terreno su cui venne edificata la nuova parrocchiale fu donato da Battistino Barchi, nativo di Ottone e segretario del Principe, nominato dal documento del 1690. Battistino Barchi ha onorato il suo paese per essere stato un funzionario molto apprezzato di Casa Doria, con ampie deleghe nell’amministrazione dei feudi I documenti che lo riguardano ne evidenziano l’eccezionale memoria, l’intelligenza superiore, l’abilità… L’attenzione del feudatario verso la nostra Chiesa, fornendo sostegno economico, mettendo a disposizione i migliori architetti genovesi, i più validi artigiani… sono da correlare alla stima di cui godeva il nostro illustre concittadino presso i Grandi ed i Potenti.

La Chiesa di San Bartolomeo

L’attuale Chiesa dedicata all’Apostolo Bartolomeo è stata costruita a partire dal 1500, ma ultimata secoli dopo. Sorge in posizione dominante, sull’area di precedenti costruzioni religiose risalenti al VII ° secolo, ascrivibili all’espansione del monastero di San Colombano, lungo la valle. Vari estimi dell’Abbazia, collegati alle rendite agrarie ed elenchi di possessi, indicano 1′ “Oraculum Sancti Bartolomei”, tra le 7 più antiche ed importanti pertinenze bobbiesi. Un centro di preghiera e di lavoro a cui facevano riferimento i nostri antenati alla ricerca di prospettiva materiale e spirituale.

Presenta i muri perimetrali in pietra a vista, mentre la facciata è ad intonaco applicato nel secolo scorso. Struttura di impianto romanico è caratterizzata da un piano plebano dalle durezze tipiche dello stile e dalle penombre che invitano all’introspezione ed al raccoglimento. Il presbiterio, invece, dominato dal rococò, facilita l’estroversione ed indirizza verso l’alto con il suo tripudio di luce e di raffinata leggerezza. L’altare maggiore è sormontato da una piacevole nicchia, destinata ad ospitare la statua del patrono. Due putti indicano un cartiglio in cui il tempo ha cancellato il motto, estremamente profondo ed eloquente: “ha lavato i suoi peccati nel sangue dell’Agnello”, ovviamente in latino reso da caratteri gotici. Andrebbe ripristinato.

Sul campanile ha risuonato per secoli una campana, ora nel museo d’arte sacra di Ottone, tra le più vetuste della regione. Datata MCCCLV indica il nome del costruttore, tale Joannes, e lo dice proveniente da Pontremoli, località della Lunigiana collegata a Bobbio monastica. E’ tenuta in rispettosa considerazione dalla gente per aver testimoniato gli eventi significativi della storia individuale e collettiva di generazioni.

La chiesa di San Bartolomeo e le sue pertinenze sono il sepolcreto degli antenati, luogo, quindi, sacro per tutti, credenti e non credenti. Per tale ragione è anche detta ” di San Bartolomeo al cimitero”. In tutto l’Occidente cristiano del primo millennio i siti deputati alle sepolture erano sotto la protezione del nostro Apostolo. Circostanza, quest’ultima, che tende a riscontrarne l’antichità della funzione e del culto locale.

La festività di San Bartolomeo ricorre al 24 agosto. Ad Ottone viene celebrata con grande concorso di popolo e solenni liturgie. Per l’occasione, ab immemorabili, si tiene una fiera di tre giorni (ora 2), che richiama folle di venditori, compratori, curiosi ed altro… provenienti da tutte le direzioni. I “birri” di cui abbiamo parlato a proposito del castello, secondo “grida” ricorrenti, obbligavano i forestieri al deposito di armi e strumenti atti all’offesa, quale misura generale di prevenzione. Il feudatario inviava soldati di rinforzo e alle porte del borgo stazionavano archibugieri molto determinati.

Oratorio di San Rocco

I registri dell’archivio parrocchiale attestano: “il giorno 8 agosto 1922 1′ Arciprete don Barbieri Stefano, assistito dai Reverendi don Ghirardelli, don Ercole Radaelli e dal chierico Francesco Balzarini, ribenediceva solennemente l’oratorio di San Rocco”

L’oratorio era espressione di un solenne voto degli ottonesi, grati a San Rocco che li aveva risparmiati dal contagio della peste.

I lavori iniziarono nel 1836 e si conclusero nel 1913. Spontanea la collaborazione di tutti gli abitanti del capoluogo e delle frazioni, presenti coll’impegno diretto e con le offerte. Tra i sostenitori della fabbrica non va dimenticato il nostro cocittadino don Filippo Mosconi, laureato in Sacra Teologia, canonico della Cattedrale di Bobbio e professore nel Seminario della città.

Scoppiata la 1° guerra mondiale l’oratorio fu sconsacrato e ridotto a magazzino municipale. Tornato in possesso della parrocchia nel 1921 fu restituito al culto e alla devozione popolare verso san Rocco, molto diffusa nel circondario di Ottone.

La Chiesa, a pianta quadrangolare, presenta una magnifica cupola con torretta lucernario. Agli angoli, con base sul piano di calpestio, sono state ricavate ampie nicchie destinate, forse, ad ospitare i simulacri degli evangelisti o, più semplicemente, per muovere a nuove armonie. Grande è la suggestione che emana dall’insieme: la statua del Santo indica le piaghe che lo affliggono (che ci possono affliggere); il cane premuroso e carico d’anni, richiama i nostri antichi, stretti legami con gli animali, le piante, il mondo; l’architettura indirizza i fedeli a volgere lo sguardo al cielo da dove potrà venire valido aiuto.

Attilio Carboni

(Articolo tratto dal N° 42 del 3/12/2009 del settimanale “La Trebbia”)

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