L’Anello del Rifugio

1° tappa
A 1460 metri di quota e a breve distanza dalla vetta del Monte Antola, il nuovo Rifugio del Parco rappresenta il punto di partenza dell’itinerario. Immersa nella faggeta e in posizione panoramica sulla Val Brugneto, la struttura è stata progettata in risposta alle esigenze del mondo escursionistico che ha fatto dell’Antola una delle mete più amate dell’Appennino nord occidentale e rappresenterà un polo di eccellenza per le attività di educazione ambientale promosse dall’Ente Parco. Presso il pannello descrittivo si intraprende dunque il cammino in salita in direzione della vetta del Monte Antola (1597m), incontrando e seguendo dopo poche decine di metri l’itinerario che sale da Torriglia (segnavia due cerchi gialli pieni), tra faggi (Fagus sylvatica), maggiociondoli (Laburnum anagyroides) e praterie ricche di essenze.

2° tappa
Procedendo verso nord, si arriva in breve al pianoro erboso dove sorgono l’antico rifugio Bensa, ormai in disuso, e la chiesetta di S. Pietro inaugurata nel 2000. Nei mesi primaverili ed estivi l’elevato grado di biodi­versità dell’area si manifesta con il susseguirsi di bellissime e interessanti fioriture: raggiungendo la vetta del monte Antola, si incontrano infatti differenti lembi di praterie riconoscibili, anche agli occhi dei meno esperti, per la presenza di alcune specie caratteristiche facilmente identificabili nel periodo della fioritura. E’ così che le zone a prevalenza di nardo (Nardus strida), graminacea dall’aspetto cespitoso con foglie fini e rigidi poco appetita dal bestiame, si punteggiano del blu intenso delle genziane (Gentiana acaulis) e del vivace giallo dell’Arnica montana. Laddove prevalgono invece graminacee del genere Festuca, Bromus e Brachypodium, l’habitat si fa più arido e dunque più favorevole per diverse specie di orchidee, mentre il botton d’oro (Trollius europaeus), il narciso (Narcissus poeticus), scelto come simbolo dell’area protetta per la copiosità e la bellezza delle sue fioriture, e la rara nigritella (Nigritella nigra) prediligono i lembi di prateria montana in ambiente più fresco. Una così ricca varietà floristica giustifica anche l’elevata concentrazione di insetti che nei Lepidotteri vedono la loro rappresentanza più importante ed incantevole; tra le farfalle più belle presenti nell’area (che è stata inserita nell’elenco delle “Prime Butterfly Areas in Europe”) vanno ricordate le vanesse, il podalirio (Iphiclides podalirius) e l’Euplagia quadripunctaria, specie prioritaria ai sensi della Dir. Habitat 43/92.

3° tappa
Dalla vetta del Monte Antola si procede ora in direzione sud-est imboccando, dopo poche decine di metri, il sentiero indicato con tre pallini gialli. Si scende dunque rapidamente lungo il versante che sovrasta gli abitati di Caprile e Bavastrelli fino a raggiungere, a 1400 metri di quota circa, un punto panoramico che regala suggestivi scorci sulla Val Brugneto e sull’estremità settentrionale del lago. La pendenza si fa meno marcata e osservando il paesaggio circostante appare sempre più evidente l’alternanza fra ampie zone aperte prative e lembi più o meno estesi di bosco: molti animali selvatici trovano qui un habitat ideale, ricco di zone di transizione (ecotoni) dove potersi nutrire e al tempo stesso trovare un facile rifugio. Fra gli ungulati, non è raro imbattersi in qualche bel esemplare di daino (Dama dama), i cui maschi sono facilmente riconoscibili per gli ampi palchi, detti pale, che ne sovrastano il capo, mentre il più elusivo capriolo (Capreolus capreolus), specie chiave della macrofauna appenninica, sta lentamente tornando a ricolonizzare i territori dell’Alta Val Trebbia.

4° tappa
Si riprende il cammino in discesa fino a che il sentiero si immette in una più ampia carrareccia proveniente dall’abitato di Caprile. Si svolta quindi a destra e si prosegue per un breve tratto in pianura fino ad incontrare l’itinerario che da Bavastrelli conduce più rapidamente al Rifugio e al Monte Antola (segnalato con due quadrati gialli vuoti) e l’indicazione del tracciato ad anello. Si imbocca quest’ultimo, addentrandosi in una faggeta (4) sempre più rigogliosa e fresca, con alberi imponenti e un ricco sottobosco che, a partire dalla fine dell’inverno, si punteggia delle candide fioriture del bucaneve (Galanthus nivalis) e del campanellino (Leucojtim ver­num) e poi successivamente di quelle della scilla silvestre (Scilla bifolia) e del geranio selvatico (Geranium nodosum). L’aumento delle superfici boscate, in seguito al progressivo abbandono delle attività agrosilvo-pastorali, ha senza dubbio contribuito al ritorno del lupo (Canis lupus) su queste montagne, favorendo la sua naturale diffusione lungo il comprensorio appenninico. Riconosciuto come specie prioritaria nei paesi dell’Unione Europea ai sensi della Direttiva Habitat, il lupo ha infatti potuto godere, in seguito allo spopolamento delle aree montane, di territori incolti e boscati sempre più ampi e di una popolazione di ungulati selvatici in forte crescita. La sua notevole plasticità ecologica, la flessibilità nell’adattare la dieta alle risorse a disposizione e l’elevata capacità di dispersione hanno fatto il resto.

5° tappa
Si prosegue pressoché in piano fino a raggiungere una sella a circa 1350m di quota, crocevia di diversi itinerari che conducono al M. Antola: qui si uniscono infatti il sentiero che risale da Piancassina e Lavazzuoli, in Val Brevenna, (segnavia due quadrati gialli pieni) e quello proveniente da Torriglia (due palle gialle). Si segue dunque l’indicazione per la vetta dell’Antola, scoprendo, dopo circa un chilometro di cammino, che l’itinerario rivela, fra l’altro, alcuni siti di interesse storico-ambientale.
La prima campagna di studi effettuata nel 2005 dal Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale (L.A.S.A.) dell’Università di Genova, ha infatti portato all’identificazione di due neviere, o fosse da neve, utilizzate nel corso dell’800 per rifornire di neve e ghiaccio la città di Genova. Le neviere erano scavate nel terreno, con le pareti rivestite da muretti a secco (in alcuni punti ancora visibili) e, una volta riempite di neve pressata, erano coperte con un tetto di paglia e legno. In un documento del 1818 scritto dall’appaltatore Luigi Campodonico e indirizzato al sindaco di Genova si legge: “Non essendo cadute nevi nei dintorni della città…fui obbligato di farne deposito nella Montagna di Antola mediante dei fossi in fatta di ghiacciaie”. Dopo aver dedicato alcuni minuti all’osservazione di questi siti, si può riprendere il cammino e raggiungere in breve il Rifugio.

(Itinerario tratto dal pieghevole “I Percorsi dell’Antola – L’Anello del Rifugio”)

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