Sulle orme dei Celti

C’è un sentiero che da Piazza del Duomo a Milano arriva alla Baia del Silenzio a Sestri Levante, 222 chilometri attraverso tre regioni, quattro province, quarantatrecomuni. Dieci giorni da casello a casello, pochissime automobili, niente traffico, scioperi o ritardi. Sarà una traversata onirica in un mare di verde, dolci vallate, boschi, guadi, borghi incantati e silenzio.
Si chiama “Sentiero dei Celti e dei Liguri”. È stato aperto due anni fa ricucendo tratti di antichi cammini e oggi si propone come pellegrinaggio laico fra la grande città e la natura con una segnaletica piti precisa e una nuova applicazione per coordinare i volontari pronti a fare manutenzione.

Almeno cinquecento persone l’hanno già percorsa per inte­ro, viandanti solitari come chi scrive o allegre comitive. Ce l’ha fatta anche una famiglia di sette persone, padre, madre e cinque figli,, il più piccolo di tre anni. Chapeau.

“E’ l’acqua, in tutte lesue for­me, il filo conduttore del sentiero, spiega il suo ideatore, il parmense Emanuele Mazzadi, architetto e guida ambientale-escursionlstica, fra i pro­motori dall’associazione Ap­pennino Ritrovato. Dai Navi­gli al Mar Ligure lungo i grandi fiumi ei torrenti da guadare, ri­salendo il greto dei ruscelli dell’Aveto- e sostando sulle primordiali rive palustri del lago Riane. Mazzadi ha avuto t’idea del cammino nel 2016, tre an­ni dopo ha testato il percorso e ha cominciato a portare i pri­mi gruppi di escursionisti ver­so il mare. Nel giugno 2023 l’i­naugurazione ufficiale da Mi­lano a Sesìri Levante. Oggi il tracciato è mantenuto aperto da un centinaio di volontari coordinati con l’aiuto della app Wemap, finanziata dalla Fondazione Cariparma. La se­gnaletica è in vìa di rifacimen­to nello stile del Cai, le tracce da seguire sono una freccia azzurra e il disegno dell’elmo cor­nuto del guerriero di Pùlica, ca­ratteristico dogli antichi liguri apuani. Meglio, però, non per­dere sul cellulare il segnale Gpx, perche a volte si attraversano prati o terreni senza traccia di sentiero.

Il primo giorno scorre tran­quillo lungo l’alzaia del Navi­glio Pavese riservata alle bici e ai pedoni. Campi all’infinito, chiuse leonardesche e cascine abbandonate, con deviazione consigliata alla Certosa e arri­vo a Pavia. Poi cammini nel parco del Ticino, attraversi la confluenza con il Po sul ponte della Becca, unico incontro ravvicinato con il traffico pe­sante, e subito ti perdi per le stradine d’argine fino olla prima salitina che porta a Colombarone, sopra Bronì. Comin­cia un viaggio nel vino dell’Ol­trepò, fra le vigne di bonarda e pinot nero, sentieri appena tracciati dove eì incrociano gli altri grandi cammini, la via de­gli Abati per Pontremoii e la via Postumiada Aquiiela a Ge­nova. Ombre di pellegrini, guerrieri, eremiti.

Da Nibbiano, guadato il Tidone, sali al Passo del Pan Per­dù, 1018 metri, e la Val Treb­bia si spalanca all’orizzonte con la sua luce di smeraldo: la più bella valle del mondo, se dobbiamo credere a Ernest Hemingway. Bobbio è la santità del monaco irlandese Colom­bano e lo sberleffo luciferino del Ponto Gobbo, detto anche, per l’appunto ponte del Diavolo. Dicono che sia il pontes ulio sfondo della Gioconda: il paesaggio è certamente vinciano. Da qui sali agii stagni delle fa­te, dove nascono le libellule, fi­no ai pascoli di crinale oltre la Sella dei Generali, a 1218 me­tri. Dopo Mareto ci sono sen­tieri in quota e antiche carraie, pascoli sommitali battuti dal vento e la magia lunare della Valle Tribolata, ai piedi del monte Ciapa Liscia. Finalmente entri in Liguria e da Santo Stefano d’Aveto arrivi al Mon­te Penna, la cima sacra del cel­ti, devoti al dio Pen, da cui for­se l’origine del nome Appenni­ni. La vetta, 1735 metrì, si rag­giunge scalando una ripida cengia ferrata, scavata all’alba del mondo. Il panorama ripa­ga di ogni fatica. Il viandante sul mare di nebbia. Se la neb­bia non c’è, è il paradiso.

Passo dei Bocco, Monte Zatta, Passo del Biscia. Sei in Val Graveglia. Una mulattiera conduce, attraverso l’arco romantico dell’antico acque­dotto, ali’ancestrale borgo mi­nerario di Cassagna, casette di pietra e legno, solo gatti paci­fici nei vicoli silenziosi. Passi l’alto ponte di Nascio, trecento anni di resistenza cocciuta, e vai per castagneti e ardesie verso il Capenardo e l’appari­zione scintillante del Tigullio. Poco più avanti appaiono dall’alto, come non le hai mai viste, le due baie di Sestri Le­vante. E finalmente sei sulla battigia, con i piedi in acqua, incredulo di avercela fatta e immensamente felice.

Cari milanesi, la vacanza co­mincia dal viaggio. Dormire nel vecchi mulini ristrutturati, nel rifugio delle Casermette o del Passo del Bocco, negli al­berghetti di mezza montagna o nello case di pìetra scaldate con le stufe a legna è già vacan­za. Mangiare pizzoccheri e lin­gua bollita con polenta per 12 euro è un lusso. Raccogliere i timbri sul “passaporto” del sen­tiero è un gioco che farà morire di invidia i vostri amici. E arrivare al mare senza stress è un sogno. Dieci giorni di cammi­no sono troppi? Fate qualche tappa in bicicletta. E date retta al teorico delle immersioni nella natura e della disobbedienza civile, il filosofo Henry David Thoreau: il viaggiatore più veloce, diceva lui, è quello che va a piedi.

Alessandro Cassinis

(Articolo tratto dal Il Secolo XIX del 16/04/2025)

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