Trovato un antico cippo sul monte Ramaceto, l’archeologo: “Eccezionale reperto di valore nazionale”

«Ho notato quella pietra. E ho capito che non era come tutte le altre». Per milleottocento anni è rimasto lì, quasi nella sua posizione originale. Ha assistito allo scorrere del tempo, testimone silenzioso della storia di questo pianeta (e in particolare di un angolo di Liguria) prima di essere notato – da un escursionista per la prima volta in quel luogo – poi recuperato e quindi catalogato come un ritrovamento eccezionale dal punto di vista archeologico. Il cippo che la Soprintendenza ha prelevato con un elicottero sul monte Ramaceto nella giornata di venerdì ora è al museo archeologico di Sestri Levante. Qui si trova anche un gemello più piccolo, ma, di fatto, molto simile soprattutto per quelle due iscrizioni, una per ogni faccia: Caesaris nostri da una parte, P.M.G dall’altra.

Due cippi, dunque, che avevano la stessa funzione: dividere le proprietà di allora. «Caesaris nostri significa di proprietà del nostro Cesare, cioè l’imperatore di allora che non è stato identificato, ma potrebbe essere uno dell’epoca come Traiano, Adriano o Antonino Pio, mentre la sigla che si trova sull’altro faccia dovrebbe significare, secondo la ricostruzione del professor Giovanni Mennella, Publici, Municipii Genuensium, cioè il Municipio di Genova – spiega il dottor Luigi Gambaro, funzionario archeologo della Soprintendenza -. Le due iscrizioni indicavano la proprietà dei terreni sul monte Ramaceto: erano i marcatori di una linea di confine. Il cippo è una rarissima tipologia di documento epigrafico, una scoperta del tutto eccezionale e di importanza nazionale in quanto rappresenta la seconda attestazione nota in tutto il territorio italiano di questa tipologia di cippi».

Nessuna zona, dunque, in Italia è come il Ramaceto da questo punto di vista. E il secondo ritrovamento, dopo quello del 2015, fa crescere ancora di più l’interesse storico e archeologico per questa zona. Ma questa storia diventata di dominio pubblico negli ultimi giorni nasce in realtà alcuni mesi fa. La segnalazione della presenza del cippo, infatti, risale al 17 settembre scorso. Era periodo di funghi. Ma proprio in quel giorno c’è stato anche chi, aguzzando lo sguardo e intuendo l’importanza di quel masso sdraiato a terra, ha permesso che partissero tutte le operazioni di verifica e recupero. Quel giorno Roberto Boiardi era in escursione con Giacomo Bracchi.

«Sono un appassionato escursionista, conosco i sentieri della val d’Aveto e in generale del genovesato, ma sul Ramaceto non c’ero mai stato – racconta Boiardi che vive a Bettola, in provincia di Piacenza -. Ho notato quella pietra. E ho capito che non era come tutte le altre». Boiardi oltre che escursionista esperto, è anche un appassionato di storia. E questo a fatto la differenza: «Io credo che in tanti siano passati da lì, quella è una zona molto frequentata da escursionisti e cercatori di funghi – racconta -. Io l’ho notato per via della mia passione per la storia. Lo dico senza presunzione: non era facile intuire che quel masso potesse avere un valore archeologico importante. Io avevo il forte sospetto che fosse così. Quando il 29 settembre ho accompagnato sul posto una squadra di esperti e mi è stato confermato dell’eccezionalità dell’evento è stato come toccare il cielo con un dito». Nei mesi successivi il cippo è rimasto al suo posto, anche se opportunamente occultato. Ora con l’arrivo della stagione delle escursioni c’era il rischio che venisse deturpato o vandalizzato. Per questo è partito il recupero.

«Grazie alla segnalazione abbiamo potuto pianificare il recupero del cippo in modo scientifico – racconta la dottoressa Nadia Campana, anche lei funzionaria della Soprintendenza -. La sua asportazione è stata preceduta dallo scavo archeologico del sedime circostante per una superficie di circa 25 metri quadrati, col recupero e la documentazione di ogni elemento del contesto. L’aver avuto la possibilità di intervenire attraverso uno scavo archeologico stratigrafico condotto manualmente da un team di qualificati archeologi ha consentito di raccogliere una serie di informazioni funzionali a ricostruire la storia del monumento. Questo nuovo ritrovamento conferma l’importanza anche durante l’età romana della val Fontanabuona, con una gestione vocata alle pratiche agro-silvo-pastorali lungo le vie di transumanza tra la costa e la montagna ligure».

Il cippo con ogni probabilità non ha fatto molta strada rispetto a quella che era la sua collocazione originaria. Possibile che in zona ci siano altri cippi simili, ma il doppio ritrovamento nell’arco di meno di dieci anni (il primo era stato recuperato nel 2015) è considerato eccezionale:«Va considerato – osserva ancora il dottor Luigi Gambaro – che non è così facile che un documento di questo tipo resista per quasi duemila anni». Va da sé che un terzo cippo potrebbe essere d’aiuto per iniziare a tracciare una ipotetica linea di confine. Ma non è detto che questo possa essere rinvenuto.

https://www.ilsecoloxix.it/ (25/04/2024)

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