Pey (Zerba)

Foto di Monika Rossi

Pey (1193 mt.). Per alcuni è parola ligure e significa fontana; in effetti il paese è circondato da numerose sorgenti d’acqua e, possiamo ben dirlo: acqua fresca e pura. Per altri Pey deriverebbe dal nome “pero” alla latina.
Circondato da olmi, faggi d’intenso color rosso nel periodo autunnale e conifere sempreverdi. In zona Case della Torre esisteva un fortilizio del XIII secolo appartenuto ai Malaspina, di cui rimangono poche tracce. Il nucleo medioevale con la sede ecclesiastica sorgeva a monte; distrutto da una frana nel 1719 fu ricostruito nell’attuale collocazione disposta a terrazze. Nella piazza principale si affaccia la chiesa di S. Nicola di Bari, edificata nel 1730 per volontà del principe Doria ed ampliata nel XIX secolo. Facciata neoclassica del 1914 , interno a croce latina affrescato da Clemente Salsa nel 1937.
A Pey si trova anche un museo contadino privato, visitabile solo nel mese di agosto, fondato da Giovanni Tambussi con esposizione di oggetti e modelli legati alle coltivazioni montane.
Nei pressi del rio Pey si trova un antico mulino.
Negli ultimi anni, dal punto di vista della viabilità si è fatto molto per rompere l’isolamento che, fino ad una trentina di anni fa, specie nei mesi invernali, era totale. Oggi si può arrivare a Pey per una stretta, asfaltata,  fantastica strada dal punto di vista paesaggistico, da Vesimo – Zerba, oppure da Serravalle – Cabella Ligure per la Val Borbera, da Varzi attraverso il Passo dell’Armà o del Giovà, oppure ancora dal Passo del Brallo e Cima Colletta. Tutte strade che val la pena di percorrere in moto o auto, ma soprattutto, in bicicletta per poter godere appieno della bellezza dei luoghi.

(Fonti: Guida turistica “Piacenza e la sua provincia” di Leonardo Cafferini e www.zerba.org)

Riflessioni di un abitante di Pey

Pey è un paese di origini assai lontane, poi , purtroppo, una grossa frana nel novembre del 1719 lo ha completamente distrutto.
Gli abitanti però non si sono persi d’animo e lo hanno costruito poco distante dal disastro.
Poche case, una locanda, una bella chiesa e un piccolo mulino per la macina del grano che raccoglievano.
Venne poi la guerra e in queste zone, che sembravano sicure si stabilirono i partigiani e non mancò l’ingresso dei mongoli, che per certa gente furono la rovina.
Queste cose sembrano dimenticate, ma alcuni di una certa età le hanno nel cuore.
Ora tutto è cambiato, Pej è diventato esclusivamente un paese di villeggiatura.
Gli abitanti si sono trasferiti per motivi di lavoro e la vita è cambiata.
Questo paese è situato in un anfiteatro su cui sovrastano le cime più alte dei nostri Appennini. il monte Lesima, mt. 1724,che persino Annibale ha conosciuto, il monte Alfeo, mt. 1650, che ci divide dalla Val Trebbia, il Cavalmurone, il monte Chiappo su cui si può arrivare con una seggiovia e un rifugio ci accoglie e da li possiamo ammirare altre montagne verdi.
Abbiamo la fortuna di avere una strada strategica che dalla Valle Staffora, da una parte ci porta in Val Trebbia e dall’altra in Val Borbera.
Questo paese è servito da un acquedotto e da fonti di acqua fresca e leggera, c’è un piccolo Museo allestito da un signore che di ricordi ne ha tanti e con le sue piccole miniature insegna ai giovani gli attrezzi che un tempo servivano.
Ora abbiamo anche una costruzione nuova per i nostri incontri culturali e per i divertimenti che un gruppo di volontari ci preparano sempre più completi.
Il Campo Sportivo e il Parco Giochi per i bambini ci riportano ai giorni nostri.
Dobbiamo imparare da tutto ciò, dai sacrifici di coloro che ci hanno preceduto ad amare il lavoro, la natura e tutto quello che ci circonda e rispettare i valori della vita.
Ora , a Pej, per strada non incontriamo più le mucche che scendevano dal pascolo, ma vediamo tanti fiori ai balconi e alle finestre che riescono a fare sorridere il paese.

(Fonte: www.zerba.org)

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