Menconico, il mulino “della Spalla” mantiene ancora il suo aspetto originario

A Menconico, l’unico mulino ad acqua ancora visitabile è quello detto della Spalla, lungo il torrente Aronchio. Nonostante il cattivo stato di conservazione, non essendo stato asportato nulla, da ancora idea dell’aspetto originario: la ruota a fianco, una scala interna, al primo piano la cucina, al secondo camera e solaio, in basso cantina e porcilaia; l’accesso diretto alla cucina era possibile con una scala esterna, crollata nel 1939 insieme al portico.
Qualche notizia su di esso è pubblicata nel Thesaurus Montanus, ma la fonte più completa in proposito resta la memoria dell’attuale proprietario Franco Rossi. Il mulino fu costruito nel 1868 con materiale portato a spalla, onde il nome, dai Rossi di Ghiareto, ed entrò in attività nel 1870, macinando con le sue macine non di sasso ma di graniglia, ben dieci quintali al giorno, trasportati con asini e muli e lavorando dalle 4 alle 22.
Produceva inoltre energia idroelettrica per proprio consumo. Nel 1883 fu venduto ai Sacco di San Sebastiano Curone e ai primi del Novecento ai Bertorelli di Collegio. Successivamente fu ricomprato da Pietro Rossi (1898-1960), sposato alla mugnaia Giuseppina Chiappini (1898-1960) di Erbagrassa di Bobbio. Cessò l’attività nel 1952, in quanto erano subentrati nel frattempo i nuovi mulini a cilindri.
Durante la seconda guerra mondiale diede rifugio al partigiano detto l’Alpino proveniente dalle Valli bresciane, mentre non risulta abbia praticato contrabbando di fama come altri mulini. Fortunatamente fu risparmiato dalle incursioni nazifasciste, localizzate più verso Pietragavina e Santa Cristina.
Nei secoli passati sono documentati a Menconico almeno tre mulini, così chiamati: Mulino Staffora, Mulino di Sopra e Mulino di Sotto, consultando le buste 33, 34 e 59 del fondo Malaspina di Varzi conservato nell’Archivio di Stato di Pavia, materiale in prevalenza del Settecento ma con molte notizie anteriori riguardanti soprattutto antichi diritti da rivendicare.
Il 22 novembre 1533 il signor Bossio Sforza dà in enfiteusi perpetua alla comunità di Menconico un mulino con acquedotto, mole, ruote e pertinenze in cambio di 22 sacchi di frumento all’anno.
Nel 1659 il nobile Emilio Ristori prescrive al conduttore Ponzino Ranzino di riparare i danni causati dalle piene al Mulino di Sotto e di fortificare con gabbione o altro il Mulino della Giara, perchè lo Staffora non impedisca di macinare. Nel 1736 il Mulino Staffora è condotto dai soci Francesco Alpegiano e Gianantonio Zanocco di Collegio che avevano come garzone Lorenzo Valotto di Fabbrica Curone; nel 1749 sempre lo stesso Zanocco risulta abitante “nei particolari di San Pietro” e lavorante pure in altri mulini dove aveva giurato di servire senza defraudare la Condotta, e chiede ai Consoli della comunità il rimborso delle due settimane di lavoro occorse per ripulire il condotto del Mulino Staffora da materiale portato dalla forza dell’acqua. Nel 1751 Bartolomeo Rossi conduce il Mulino di Sopra dove fa effettuare lavori di muratura a Giambattista Saveri e Francesco Rossi del Mulino di Sotto.
Si tratta solo di una primissima e superficiale esplorazione, certamente da integrare, sia per ricerca storica pura che per individuazione e valorizzazione di eventuali tracce sul posto.

Martino Marangon

(Articolo tratto dal N° 10 del 12/03/2015 del settimanale “La Trebbia”)

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