PER IL MIO BENE
Prima Nazionale
sabato 14, domenica 15: ore 18:30
Verdesca dirige con grazia e competenza un trattato sulla maternità in nome del bene dei figli, ma senza sacrificare la propria identità.
Giovanna è una donna forte, autonoma. Guida fieramente l’azienda di famiglia e cresce da sola una figlia adolescente. La sua vita scorre solida, fino a quando non scopre di avere una grave malattia. Per la prima volta ha bisogno di qualcuno. Cerca all’interno della famiglia un donatore compatibile, ma sua madre le confessa che non è possibile: nessuno fino a quel momento ha mai avuto il coraggio di dirle che è stata adottata. Giovanna non sa più chi è. Vorrebbe risalire alle sue vere origini ma si scontra con una legge complicata. Quando il tribunale le comunica che sua madre biologica si rifiuta di aiutarla, Giovanna decide di aggirare le regole, rintraccia la donna e si presenta da lei, decisa a farsi conoscere. L’anziana donna che si trova davanti, Anna, è ostile e sfuggente, non si lascia avvicinare da nessuno. Mantenendo segreta la sua identità, Giovanna la avvicina con pazienza e sensibilità. Inizia tra loro un rapporto fatto di poche parole, gesti ruvidi e affetto. Anna lentamente si apre, inizia a fidarsi nuovamente di qualcuno, mentre Giovanna si dimentica del motivo di salute che l’ha spinta fin lì, per inseguire un bisogno di verità molto più profondo. Una verità legata alla storia della sua nascita.
Genere: Drammatico
Regia: Mimmo Verdesca
Attori: Barbora Bobulova, Marie-Christine Barrault, Stefania Sandrelli, Leo Gullotta, Sara Ciocca, Gualtiero Burzi, Grazia Schiavo, Fabio Grossi
Durata:100 min
Critica: Verdesca dirige con grazia e competenza un trattato sulla maternità in nome del bene dei figli, ma senza sacrificare la propria identità.
Giovanna ha ereditato dal padre la conduzione dell’azienda di famiglia, che si occupa di lavorare a livello industriale (ma con cura artigianale) la pietra naturale. La donna non ha un compagno, e per quanto mantenga un rapporto stretto con la madre Lilia e la figlia quindicenne Alida sembra che non riesca a costruire con loro legami completamente sinceri o ad essere del tutto trasparente. Dunque, quando si ammala tiene nascosta la situazione alla ragazza, e ne parla con la madre solo perché scopre che l’unica cura sarebbe un trapianto di fegato urgente da parte di un consanguineo in età adulta. Ma Lilia non può aiutarla, perché… non è sua madre naturale. Giovanna scopre infatti di essere stata adottata e di aver vissuto una vita all’oscuro di quell’informazione importante riguardo alla propria identità. E intraprende una ricerca della propria madre biologica, l’unica che potrebbe davvero salvarle la vita.
Per il mio bene è un film insolito nel panorama italiano perché, pur partendo da una premessa melodrammatica ad alto rischio televisivo, si dipana cinematograficamente in modo sobrio e tranquillo, lavorando “in levare” e affidandosi al rigore delle sue protagoniste: Barbora Bobulova nel ruolo di Giovanna, Marie-Christine Barrault – un graditissimo ritorno – in quello della sua madre biologica, Sara Ciocca nei panni di Alida a Stefania Sandrelli in quelli di Lilia.
Sandrelli compie un atto di grande generosità nel lasciare il ruolo più corposo (che avrebbe tranquillamente potuto interpretare lei stessa) alla collega francese: ma con un paio di espressioni “perforanti” lascia trapelare il dolore vivo di Lilia nell’assistere al rifiuto (e alla malattia) di Giovanna, come solo una grande attrice sa fare.
È tuttavia Barrault a giganteggiare sul grande schermo, bellissima nella sua vecchiaia solitaria e arrabbiata, e Bobulova le tiene testa, con dolcezza e un senso di affinità profonda. Ciocca chiude questo quadrilatero di relazioni dolorose ma amorevoli lasciando trasparire tutta la necessità adolescenziale di verità e di presenza affettiva. Per il mio bene è un trattato sulla maternità come capacità di agire “per il bene” dei propri figli, senza sacrificare il diritto alla propria identità.
L’ottima sceneggiatura di Monica Zapelli, Pierpaolo De Mejo e Mimmo Verdesca, nitida e mai insistita, evita le sottolineature e ci risparmia le spiegazioni inutili su ciò che abbiamo già capito, anche perché le immagini e la recitazione delle attrici (e degli attori: c’è uno splendido cammeo di Leo Gullotta, anche lui graditissimo ritorno) parlano da sole, e in modo chiaro. La regia di Verdesca, al suo debutto nel cinema di finzione dopo alcuni documentari e coadiuvato dal montaggio essenziale di Alessio Doglione, è attenta e pudica, e si prende tutto il tempo e la calma necessari per raccontare una vicenda adulta in cui gli anziani sono trattati finalmente con rispetto e realismo, ovvero come le persone complesse che sono state per tutta la vita – e che non meritano di essere ridotti ad una nota sola, per lo più ridicola, in favore del pubblico (o del cast) più giovane.
La precisione delle immagini, la capacità di narrare una vicenda gonfia di emozione senza sconfinare mai nella lacrima gratuita, fanno dare il benvenuto a Verdesca come regista di finzione, capace di “lavorare la pietra naturale” che è il cinema con grazia e competenza. Una curiosità: i nomi di due delle protagoniste sembrano omaggi ai suoi documentari precedenti, Alida (sulla Valli) e In arte Lilia Silvi (sulla diva dei telefoni bianchi). Per il mio bene appare dunque come un (ulteriore) gesto di gratitudine di un uomo verso le donne che osserva, e vuole raccontare, con discrezione e sollecitudine.
Cinema Le Grazie
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