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Cinema Jolly2 – L’orto americano

21 Maggio @ 21:00 - 23:00

L’orto americano

Mercoledì 21 maggio ore 21,00

Un film di PUPI AVATI

Italia – 107′ – Drammatico/Thriller

Il film con cui il regista Pupi Avati torna in maniera convincente al genere horrore torna a guardare in direzione del cosiddetto “gotico padano”: un film dell’orrore, dunque, che si muove in una dimensione ottundente, lirica e onirica, per raccontare alcune delle ossessioni avatiane, dal culto dei morti all’amore perduto e irrintracciabile, fino alla follia come dimensione altra, e al cinema/allucinazione. Un’opera preziosa dall’andamento classico e d’antan.

La TRAMA : L’Orto Americano, il film diretto da Pupi Avati, inizia a Bologna alla vigilia della Liberazione. Un giovane aspirante scrittore (Filippo Scotti) dalla mente contorta, incrocia casualmente lo sguardo di un’ausiliaria americana (Mildred Gustafsson) dal barbiere e se ne innamora follemente.

Non la dimenticherà mai e anni dopo decide di andare negli Stati Uniti per scrivere il suo romanzo definitivo. Quando arriva in una cittadina del Midwest, scopre che nella casa vicina vive un’anziana signora che ha perso ogni traccia della figlia. Di notte, dall’orto della donna, provengono inquietanti urla. L’uomo ricollega alcuni dettagli sinistri e si convince che la figlia dell’anziana vicina sia proprio il suo amore americano, di nome Barbara.

Decide così di volerla ritrovare. Le ultime notizie che la madre ha di lei è che ha sposato un italiano e vive in una cittadina alla foce del Po. Lo scrittore torna in Italia per condurre le sue ricerche e scopre verità macabre che non si immaginava nemmeno…

La RECENSIONE : Pupi Avati non cessa mai di stupirci. Magari non tutti i suoi film ci sono piaciuti, su molte cose la pensiamo diversamente da lui, ma è forse l’unico autore talmente compenetrato col cinema da arrivare a dirigere ben 43 film (contando solo quelli per il cinema) in 57 anni di carriera, esplorando generi e tematiche, dal grottesco al religioso, dal biografico alla commedia, dal sentimentale all’horror, riuscendo a lasciare un’impronta personale in tutti, con una modalità produttiva dal budget contenuto e un parco attori che gli si è sempre dimostrato devoto. A 86 anni Avati continua a sperimentare, coi generi, con la musica e con la scrittura, visto che è anche autore di numerosi libri, romanzi e di una biografia. Gli amanti del cinema di paura lo hanno elevato a maestro grazie a film che hanno segnato veramente il nostro immaginario con l’originalità delle storie e delle ambientazioni, creando quel gotico padano che ha reso plausibile storie come quelle narrate in La casa dalle finestre che ridono, Zeder, L’arcano incantatore e i più recenti, da Il Signor Diavolo a questa sua nuova impresa, L’orto americano, che ci riporta nello Iowa di Bix e de Il nascondiglio. Perché Avati ci crede a queste favole oscure, che da bambino gli venivano raccontate vicino al focolare, dove tra tanta fantasia c’era anche qualche cruda verità, e riesce ancora a farci credere a quello che oggi ci racconta lui.

Nel suo nuovo film (tratto dal suo romanzo omonimo, adattato e “aggiustato” per lo schermo insieme al figlio Tommaso Avati), tornano alcuni temi che il suo cinema ha già percorso: il colpo di fulmine, il secondo dopoguerra, le voci dei morti, l’irruzione del soprannaturale in un mondo popolato di personaggi mostruosi e crudeli, spesso dissimulati sotto le spoglie più miti. Il protagonista – un intenso Filippo Scotti, che a tratti assomiglia al giovane Franz Kafka, intrappolato in un incubo da lui stesso creato – è un ragazzo di Bologna, che vuole fare lo scrittore ma a causa della sua tendenza a parlare coi morti (le foto dei defunti che lo accompagnano sempre) viene rinchiuso giovanissimo in manicomio. Guarito, scrive libri che nessuno pubblica, finché non gli capita l’occasione di passare un periodo in America, nell’Iowa, dove spera di scrivere il suo grande romanzo. Lì, in modo del tutto sorprendente, si trova come vicina l’anziana madre di una ragazza bellissima, un’infermiera dell’esercito americano di cui si sono perse le tracce in Italia e che si presume morta per mano di un serial killer (vArmando De Ceccon, bravissimo). Forse, ma il ragazzo ne è convinto, si tratta della stessa donna, sirena e chimera insieme, di cui si è innamorato perdutamente dopo averle brevemente dato un’indicazione mentre si trovava dal barbiere. Il suo dovere, dopo aver trovato un macabro reperto sepolto nell’incolto orto della vicina, è trovarla, o almeno renderle giustizia.

La storia, però, colma di coincidenze ed eventi strani, è solo un pretesto per mettere in scena una danza macabra in cui una belva assetata di sangue nobilita le feroci mutilazioni che compie sul corpo femminile scrivendo in forma di diario le sue azioni, interpolate da antichi epigrammi greci. In un raffinatissimo bianco e nero (nella splendida fotografia di Cesare Bastelli), che accentua la cornice gotica pura del racconto, Avati ci narra una storia da incubo, in cui gli assassini in catene devono entrare strisciando in una gabbia del tribunale, dove la gente satura degli orrori della guerra chiede di riparare ai delitti con altra morte, dove le bare si aprono, i morti resuscitano e le vagine si animano negli incubi. Amore e Thanatos, paura del sesso e desiderio bestiale, romanticismo e follia si mescolano in un film suggestivo, in cui gli attori si muovono essi stessi come ectoplasmi. L’inglese Rita Tushingham, la “It Girl” del Free Cinema Britannico, già riscoperta da Avati per Il nascondiglio, offre un bellissimo ritratto di vecchia impazzita dal dolore, che ricorda i personaggi di certo cinema dell’orrore americano interpretato da vecchie glorie come Bette Davis e Joan Crawford, Chiara Caselli è un perfetto Virgilio nel ruolo della locandiera che fa da guida al ragazzo e Roberto De Francesco è impeccabile in una parte per lui insolita, ma non c’è davvero nessuno fuori parte. E non possiamo non citare Sergio Stivaletti, autore di un effetto speciale artigianale impressionante, da grande scuola del cinema di genere.

Ognuno, da un film, porta a casa quello che gli resta, che spesso è molto poco. Ecco, di un film come L’orto americano, recitato per altro in gran parte in inglese, nonostante qualche minimo difetto, ci resta molto a livello sensoriale, come quella sottile sensazione di disagio che ti prende e ti fa sentire in colpa quando vedi cose che sai che non dovresti/vorresti vedere. E in questo Pupi Avati, cattolico credente e praticante, che coi morti – dice – ci parla davvero , ricopre la parte del diavolo, ancora una volta, da maestro. (di Daniela Catelli – ComingSoon)

Cinema Jolly 2

Via Emilia 7/A
San Nicolò (PC)
Tel. 0523/760541

 

Dettagli

Data:
21 Maggio
Ora:
21:00 - 23:00
Categorie Evento:
,

Organizzatore

Cinema Jolly 2
Phone
+39 333 466 0644
Email
info@jolly2.com
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Luogo

San Nicolò a Trebbia
San Nicolò a Trebbia PC, 29010 + Google Maps