Ottone, quando avevamo soltanto due calzature: gli scarponi e le “scarpe basse” per le festività

La montagna conosceva soltanto due calzature, oltre a quelle “che mamma ci fece” (Pascoli, poesia: “Oh, Valentino”). Le “scarpe basse” per le festività e cerimonie (pochissime nell’anno) e gli “scarponi”, d’uso quotidiano, strumento tipico ed indispensabile al duro lavoro nei campi.
A Ottone, la famiglia Coloretti eccelleva, alto artigianato, nel produrli (e non era la sola, ma di certo tra le migliori!). Li proponeva anche ai mercati di Bobbio e Torriglia, molto frequentati, con felice riscontro di clientele e guadagno. Gli ottonesi, di una certa età, ricorderanno bene i fratelli Bruno, Elio e Icilio: valorosi artisti dello scarpone. Bruno, detto “Brogio” (1916/1973), cacciatore formidabile, con al seguito l’inseparabile cane Plaz, e guardacaccia volontario. Elio Raffaele, “Pioppi” (1920/1994), apprezzato “Basso profondo” nei cori da osteria, famoso da Piacenza a Genova. Icilio, “Cillo” (1914/1970), grande giocatore di pallone, temuto attaccante della gloriosa squadra ORIS (Ottonesi Riuniti In Società).
Anch’io li ricordo (primi anni Cinquanta, secolo scorso), raccolti intorno al deschetto, ognuno specializzato nella sua parte, circondati da giovani apprendisti attenti, molto desiderosi di apprendere. Tra gli “studenti” c’era stato il Signor Borrone Antonio, di Gramizzola (1917/2012). Mi diceva: “Ero talmente appassionato al mio futuro lavoro di calzolaio che correvo pieno di entusiasmo a Ottone: la pioggia e la neve; l’estate e l’inverno non sono mai riusciti a fermarmi!”
Altri tempi; altre civiltà. Antonio era un reduce della Seconda guerra mondiale ed aveva combattuto in Russia. Giulio Bedeschi, autore del celebre romanzo autobiografico: “Centomila gavette di ghiaccio”, suo commilitone e conoscente, gliene fece pervenire una copia, con tanto di dedica. Ne andava fiero! Il signor Borrone, grande artigiano dello scarpone, continuò a fabbricarne per tutta la vita, nel suo piccolo laboratorio in Gramizzola. Negli ultimi anni lamentava di non poter più soddisfare tutte le troppo numerose richieste, soprattutto da parte dei cacciatori: “La mano è diventata lenta e il cuoio durissimo”, esclamava, con evidente preoccupazione e disagio!

Attilio Carboni

(Articolo tratto dal N° 4 del 04/03/2021 del settimanale “La Trebbia”)

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