L’antica chiesa di San Giacomo Apostolo a Pieve di Montarsolo

L’antica chiesa di San Giacomo Apostolo a Pieve di Montarsolo.

Un miracolo tra natura e arte.

La chiesa di San Giacomo Apostolo e il suo contesto geografico sono preghiera sublime: esaltano, incantano, meravigliano.  La chiesa presenta una facciata maestosa e solenne, molto slanciata, in puro stile barocchetto ligure.  Facciata tripartita mediante trabeazioni in forte, elaborato aggetto e sviluppi.  Lesene/paraste, delicate e snelle, con capitelli d’ordine dorico/simile, modulano; sostengono, ornano. Decorano.
Il piano terra, con studiata semplicità, centralizza il portone d’ingresso: un capolavoro assoluto: “Risecca selva di ponderosa quercia” a supporto di sottili, magistrali sinuosità barocche d’alto pregio.  Un ingegnoso meccanismo al suo interno articola ulteriore porta con tenerezza e grazia (Cfr. Bobbio, Santuario della Madonna dell’Aiuto e Basilica di San Colombano; Parrocchiale di San Marziano a Ottone, ecc.).  L’apertura maggiore si utilizza in occasione di importanti cerimonie ed eventi;  la seconda regola il flusso dei fedeli nell’ordinario.
Nella fascia mediana si trovano due nicchie vuote: forse erano state previste, come in molte altre chiese della civiltà rurale, medievale e moderna, per esporre i simulacri di San Giovanni Battista (festività, 24 giugno) e San Giovanni Evangelista (27 dicembre).  Due Santi, fortemente evocativi dei cicli stagionali.  Chiaro richiamo al lavoro agricolo, nei pressi dei solstizi e prosieguo:  l’inizio dell’estate e il dì che si accorcia; l’inizio dell’inverno e il dì che si allunga (Messaggio espresso in Val Trebbia anche dalla facciata della chiesa parrocchiale di Rovegno).
La fascia superiore, in parte singolare cimasa molto elegante, eccedente il colmo del tetto, è caratterizzata da incavo centrale, mirabile geometria sagomata.  Forse spazio pensato per simulare una finestra/rosone; forse, per ospitare un affresco.  La seconda ipotesi trova precedenti in tutti i tempi dell’arte, sia in chiese italiane (Cattedrale di Orvieto; chiesa di San Pietro e Biagio a Cividale del Friuli, ecc.), sia soprattutto austriache e tedesche, espressione propria del barocco maturo, quasi rococò.  La sensibilità di ogni secolo vi prevedeva pittura edificante o agiografica.  Il fatto che sopra il portone d’ingresso della facciata non ci sia la nicchia del Patrono, come raccomandato dal Concilio di Trento (1545/63), rafforza l’ipotesi di un affresco riferito all’Apostolo, collocato proprio in alta facciata.  Una grande immagine di San Giacomo che si sporge e accoglie fedeli in cerca di intimità e trascendenza; che benedice viandanti frettolosi, in cammino verso mete lontane (Cfr. Chiesa di San Lorenzo a Bobbio: presentava importanti affreschi esterni; chiesa parrocchiale di San Giovanni a Traschio, ancora li presenta, sebbene piuttosto sbiaditi).   Tre pinnacoli, due a forma di braciere con fiamma, ai lati ed un terzo al centro, a cuspide (acroterio greco), rinviano alla Trinità; alla fede; a guardare verso il Cielo, alla ricerca di conforto e sicuro riferimento.  Il campanile, a base quadrangolare, eleva al di sopra della cella campanaria, notevole tamburo ottagonale: simbolo del passaggio dall’istinto al sentimento e alla ragione.  Emblema del Sacramento del Battesimo e dei suoi sorprendenti effetti.

I raggi del sole in movimento filtrano e si diffondono all’interno del tempio mediante grandi aperture ai lati dei ripiani: cascate di luci tutto animano sapienti con il loro splendore.  Ombre e penombre, via via generate, nell’urto dei raggi con banchi, panche, sedie; arredo, si scontrano effervescenti, con mirabile effetto di sorpresa e stupore. La cimasa  (bordo superiore), si conclude con una cornice dal bel disegno, profilo mosso ed etereo, “alla nazarena”.  Se ne trova traccia similare anche nella chiesa di San Giovanni in Tartago, Val Boreca.

La chiesa di San Giacomo alla Pieve è un meraviglioso fiore di pietra.   Romanico possente, animato da abside ed absidiole cilindriche o quadrangolari, a latere, nel corpo di fabbrica.  Un tempio che predica, spontaneo e forte, coraggiosa audacia e potenzialità di iniziativa, d’azione, di impresa, mediante pietra patinata d’antico.  Una dura roccia squadrata da virtuosistica manualità, appassionato impegno, millenario esercizio. La facciata barocca, alta arte, è materno sorriso che spontaneo attrae, addolcisce, rasserena. Commuove! Intorno tripudio di prati altalenanti in dolce poetico declivio, raffinato verde complemento.  Infinite erbe, foglie e fiori, ornano, decorano, rallegrano.  Stupiscono.  Il borgo di Pieve di Montarsolo, salda la collina che trascende nel monte, con la sua valle; unisce le due ruralità con dolcezza; riguardo e grazia.  Le case del paese, a schiera,   notevole distanza dalla loro chiesa, esprimono mirabile cornice circolare di variegate forme, colori; tempi e modi.  Osservano ed ossequiano, affettuose, la religiosità dei Padri; si pongono con sensibilità e discrezione: tenero abbraccio; perenne riconoscenza e rispetto della loro Terra e del Cielo. Celebrano le opere degli antenati; del mondo che è, che sarà; della  gente del luogo, operosa e creativa nel suo divenire.

Attilio Carboni

P.S. La chiesa di San Giacomo a Pieve di Montarsolo è un  raro integro gioiello di impianto romanico con facciata barocca, risalente al VI secolo.   Di certo uno dei monumenti più antichi e preziosi del Piacentino.  Nell’Alto medioevo fu ricca sede di Curtis monastica bobbiese, famosa per allevamento di bestiame e agricoltura. Ultimo parroco residente per molti anni viene ricordato Mons. Giuseppe Calestini (1903/1988), nativo di Santo Stefano d’Aveto, ottimo sacerdote con eccellenti capacità imprenditoriali.

Ogni anni qualche migliaio di fedeli giunge dalla “Quattro Province” e partecipa commosso ai riti del 29 agosto, in onore e gloria della Beata Vergine. La “macchina processionale” che rappresenta N. S. della Guardia, il Beato Benedetto Pareto e le sue pecore sul Monte Figogna (1490), è  iconografia di alta qualità, risalente al secolo XIX.   L’interno della chiesa è sobrio: funzionale al raccoglimento e alla preghiera.

Attilio Carboni (Foto di Maria Alessandra Pucilli)

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