I disagi dè viaggiatori e la miseria dè montanari

Da tutto ciò, che in fondo al capo precedente fu detto, avrà potuto intendere il lettore che gli agi che il forestiero trova tra questi monti non sieno molto frequenti.
Epperò sarà d’uopo ch’ei ci venga, già scrissi in altre mie note, rassegnato alle più grandi privazioni; perchè, se si eccettua Torriglia, Fontanigorda, Crocefieschi, S. Maria sul Taro, Rezoaglio e Santo Stefano di Aveto, troverà ben difficilmente nè paesi più elevati un’osteria che presenti tracce, nonchè di comodità, ma di decenza. Perocchè nel maggior numero di questi villaggi le case constano di camere racchiuse per lo più fra sconquassate pareti di legno annerite dagli anni; i muri privi di intonaco dentro e fuori; le scale, sia quelle che danno accesso a queste baracche coperte di paglia, sia quelle interne di legno, che uniscono l’inferiore al piano superiore, sufficienti a far rompere il collo a più destro camoscio; i pavimenti forati da cui esalano o il fumo o i miasmi della cucina o della stalla sottostante; i soffitti crivellati da cui cadono sul letto, o dirò meglio sul giaciglio, l’acqua piovana ed i sorci del solaio; letti formati da mal connesse travi, che sorreggono un deforme saccone di paglia o di foglia antichissima; su cui, quando posa un materasso, questo non è che un sacco di cenciosa lana, vuoto nel mezzo; lenzuola ruvidissime e di cui mal si potrebbe contare il numero di teli; della nettezza e di certe miriadi.

“Più è tacer che ragionar onesto” (Dante)

Quanto ho detto delle stanze da letto, basti a dare un’idea di quelle ove si mangia e ove la tradizionale stufa ti acceca col fumo, e dei piatti, stoviglie e posate, la cui vista in molti basterebbe, se non peggio, a togliere l’appetito; carni e polli difficili a trovarsi, se non nelle solennità, oppure quando una vacca muore o una gallina viene trovata avvelenata per opera del vicino geloso del proprio frumento; i pesci e il più della frutta ed ortaggi sconosciuti; lo stesso latte irreperibile se non la mattina presto o la sera all’abbuiare; pane sempre mal cotto e vecchio, spesso nero e profumato di muffa.
Tali sono nè villaggi alpestri le case alpigiane, e tali e difficilmente migliori le osterie, ove può trovare nella notte riposo il viandante; quanto v’ha di buono si è che generalmente se ne trova una ovunque si scorga un campanile; egli è per questo che io avrò cura di indicare quali villaggi posti sulle pendici dè nostri monti siano sede se non di municipio, almeno di chiesa parrocchiale o succursale.
In alcuni villaggi poi dove fino una così misera osteria difetta, non trovando l’alpinista, per l’inospitalità degli abitanti, un giaciglio dove pernottare, ei si trova talora forzato a proseguire, dopo l’abbujare, il cammino per sentieri nottetempo micidiali, se non avviene alcune volte che, come angelo provvidenziale, gli si faccia incontro il sacerdote del paese a offrirgli quell’ospitalità, che, se difetta pur essa di quegli agi impossibili a trovarsi in remoti e selvaggi paesi, è però resa tanto gradita e dolce dalla carità fraterna e dalle cortesi premure di chi la offre.

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