Timorasso, un vino (e un territorio) da scoprire

Val Curone, Grue, Ossona e Borbera non vi dicono nulla? Dovrebbero, o lo faranno a breve.
Partiamo subito con una banalità: ma quant’è bella l’Italia secondaria, fuori dagli itinerari turistici, le campagne ieri abbandonate e che oggi ci sembrano tanto allettanti? Un cliché, ma forse neanche tanto. Come abbiamo scoperto in una giornata trascorsa sui Colli tortonesi alla presentazione di un nuovo vino, il Timorasso La Spinetta 2019, dove abbiamo incontrato paesaggi affascinanti perfetti per un turista in cerca di charme, natura e autenticità.
A poco più di un’ora da Torino, Milano e Genova, questa zona da sempre votata alla viticultura e all’agricoltura – famose le pesche di Volpedo – custodiva un tesoro: il Timorasso, vitigno «con una genetica pazzesca», come ha spiegato Walter Massa, che a fine anni ‘80 l’ha riscoperto e salvato partendo da mezzo ettaro di viti superstiti (cresciuti a 4 nel 2000, oggi sono 180). Ma anche genetica «bastarda»: «promette tanto e dà poco, ma quello che dà parla da sé». Bianchi di grande struttura e longevi, in cui delicate note di idrocarburo si stemperano in sentori agrumati e floreali.
Piccola digressione utile sul nome: Timorasso è il vitigno, coltivato al momento solo qui. Derthona, antico nome di Tortona, è la sottozona creata sezionando in verticale i terreni più vocati, comune per comune, con l’obiettivo di legare il vitigno al territorio, e oggi compare sul 98% delle bottiglie di Timorasso, ci spiegano dal Consorzio.
Il vitigno è tanto speciale da attirare i «big albesi» del Barolo e del Barbaresco. Tra questi La Spinetta che qui ha acquistato 30 ettari di Timorasso per creare un grande vino. Ma anche dare una mano a risollevare un territorio spopolato. «Tra i vigneti girano vecchie Panda e trattori e in genere il più giovane contadino che incontri ha 75 anni», dice Giorgio Rivetti, titolare con i fratelli, tra Langa e Monferrato, de La Spinetta e «foresto» (viene dal Piemonte ricco e titolato, dove gli stranieri, quelli veri, prendono casa e percorrono le vie del vino in bici o spider).
Qui turismo e ristorazione vanno sviluppati facendo ciò che in Langa è stato fatto 40 anni fa: perché «il vitigno lo merita». I fratelli Rivetti ci credono tanto da voler mettere su casa, che nel loro caso significa fondare una cantina per vinificare in loco. E promuovere questa terra ancora un po’ selvaggia,  «con enormi potenzialità» ma ancora poche strutture d’accoglienza. «C’è il Giuseppe a Montemarzino, che è bravissimo ma apre quando vuole lui». E Anna Ghisolfi, che a Tortona ha creato un ristorante gourmet: lavora benissimo su vegetali e prodotti della zona in una location affascinate, una chiesa sconsacrata con cucina a vista.
La «nuova Langa» crescerà grazie al «Nebbiolo a bacca bianca»? Riusciranno questi «Timorasso Boys”», alleanza tra indigeni e grandi cantine albesi, a fare il miracolo e rivelare questo piccolo segreto italiano al mondo? Noi scommettiamo di sì. E quindi è proprio questo il momento di visitarli, questi dolci colli, ora che l’autunno rosseggia le viti e provare qui questo vino unico, che come tutti i vini nella sua terra svela sempre qualche aroma in più.

Anna Muzio

https://www.vanityfair.it/(17/10/2020)

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