Cerignale, Massimo Castelli: «Sono il sindaco di un milione di alberi»

Cerignale, abitanti 122; alberi, un milione. La natura generosa nella sua abbondanza spiazza la statistica e il sindaco Massimo Castelli può rivendicare con orgoglio un primato, rovesciando i numeri che condannano un piccolo comune dell’Appennino a una difficile sopravvivenza. Nell’Italia che insegue il green deal e semina piante c’è un tesoro ignorato e calpestato che la pandemia ha fatto riscoprire. Fatto da borghi e Comuni tenuti per anni ai margini dello svi- luppo, svuotati di servizi, poveri di risorse, lontani dai radar dell’innovazione. Spazi senza persone dove boschi e foreste si allargano tracciando nuovi confini. Riserve d’ossigeno. Luoghi che nel 2020, anno inter- nazionale delle piante ma anche del Covid, hanno avuto la prima rivincita sulla storia.
L’Appennino è una risorsa, uno spazio importante per la green economy e per una nuova occupazione in equilibrio con la natura». Gli alberi e il verde in Valtrebbia sono un museo vivente per reimparare a vivere, direbbe il sociologo Edgar Morin: non c’è niente da seminare o da inventare. Fanno parte di un paesaggio che offre risposte alla crisi pandemica e a quella climatica, ma hanno bisogno urgente di cura e di attenzione. Come la montagna. «Il bosco abbandonato è un disastro – spiega Castelli – e va governato come si faceva un tempo, quando dipendevamo dalla natura e ne facevamo parte. Oggi vanno ricostruiti i legami con le terre marginali, ma soprattutto bisogna ricreare condizioni di vita e di lavoro in questi luoghi. Noi siamo un po’ come i congolesi: quello che c’era di buono se lo sono presi gli altri».
Di sottrazione in sottrazione, Cerignale ha perso negli anni funzioni e abitanti. Castelli ha 58 anni, la faccia da tupamaro buono e l’entusiamo di un ragazzino che insegue gli aquiloni: è sindaco per la sinistra da dodici anni e si batte per i piccoli Comuni di cui è diventato coordinatore nazionale». Da sindaco a Cerignale si è inventato di tutto per evitare la lenta eutanasia all’Appennino che muore. Offre spazi agli artisti, crea incontri letterari, chiede aiuto a Slow food per un presidio sulle tipicità e pensa, come Carlin Petrini, che il benessere a monte crea benessere anche a valle. L’unico negozio di alimentari l’ha fatto diventare un’impresa sociale: è il riferimento per tutti, come l’ufficio dello sceriffo nel Far West.
Il bar-ristorante gestito dalla madre novantenne, specialista in tagliolini ai funghi e pin, la pasta della povera gente, resta aperto anche d’inverno. «Quattro caffè e un grappino al giorno quando va bene», dice il sindaco. Con gli alberi l’altra abbondanza a Cerignale è l’acqua. Chiuse le stalle e abbandonati i mulini è rimasta l’eccedenza. Pronti: si fa energia. «Con la centrale idroelettrica produciamo più energia di quanta ne consumiamo, meglio del protocollo di Kyoto». Quella che avanza, d’estate il sindaco la fa correre nei canali scavati di fianco alle case. Un architetto geniale, Davide Groppi, compasso d’oro per le lampade ergonomiche, ha suggerito di eliminare i lampioni e illuminare i muri di sasso. L’effetto di sera è magico, elimina ogni inquinamento visivo nelle notti stellate d’agosto. Qualcosa oggi si muove, e gli alberi di Cerignale diventano la metafora di come si può percorrere il dislivello tra territorio e città. Ecco L’Emilia Romagna che lancia un grande piano per la forestazione da Rimini alla Valtrebbia, quattro milioni di nuove piante, informa il presidente Bonaccini. Si torna ai fondamentali del monaco Colombano, che dall’Irlanda arrivo a Bobbio nel 614 per costruire un grande monastero tra i boschi e il fiume Trebbia: la civiltà della terra e quella dei libri, l’Europa cristiana che unisce i popoli e si affida alla natura.
Nel nuovo mondo delocalizzato il passato può essere un aiuto per il futuro, per una valle «dove a ogni svolta / la sorpresa / sovrasta l’attesa», come scrive il poeta Caproni. Ma servono infrastrutture digitali e nuove professioni, «giardinieri di un altro benessere», ricorda Castelli. Come Ludovico Del Vecchio, che al festival Transumanze ha presentato un green thriller sul movimento delle foglie intitolato «La compagnia delle piante». Il sindaco Castelli l’ha letto e si è adeguato, la scrivania per un giorno l’ha portata nel bosco, dove gli alberi sono anche loro cittadini: non votano, ma indicano la via per un futuro sostenibile.

Gian Giacomo Schiavi

Articolo pubblicato su “Buone notizie” supplemento del Corriere della sera del 6 ottobre 2020

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