Il Penna: antropizzazione e sfruttamento di un monte

Io non vivo in me stesso, ma divento parte di ciò che é intorno a me; e in me le alte montagne sono un sentimento.
Ho voluto aprire questa breve rivisitazione del libro “Il Monte Penna” (Giovanni Marchesi, Associazione Ricerche Valtaresi Antonio Emmanuelli, La Grafica, Piacenza, 2007) con un tratto di una poesia di Byron, anzitutto perché questo monte ligure-emiliano fa parte della mia anima ed inoltre perché furono proprio alcuni inglesi, certo tutt’altro che poeti, a dare una nuova fisionomia nell’Ottocento alla grande foresta appenninica in un volano di sviluppo economico che non ha conosciuto uguali. Può sembrare qualcosa d’inverosimile, ma l’antropizzazione e lo sfruttamento industriale del Penna (che fu costantemente fino all’epoca moderna una riserva privata di legname per imbarcazioni dei marchesi di Santo Stefano d’Aveto nel versante genovese, mentre nel versante parmense si susseguirono i Farnese, i Doria Landi e infine, dopo il Congresso di Vienna, i Borbone) e dovuta a due facoltosi personaggi di origine anglosassone, Thomas Ward ed Henry de Thierry.
Giovanni Marchesi ci fa rivivere attraverso ricerche e studi di grande spessore lo sviluppo delle industrie del Penna nel corso del secolo XIX.
Thomas Ward fu portato dapprima a Lucca (1833) e poi a Parma (1847) come consigliere di Carlo Ludovico di Borbone. Nel 1853 dal Duca Carlo III ottenne la facoltà di sfruttare tutte le miniere di rame e di ferro esistenti nel suo territorio e la concessione per la costruzione di una ferrovia da Piacenza a Ferriere per trasportare il legname e il carbone della foresta. Ward acquistò pure le miniere di Ferriere. La scomparsa di Carlo III nel 1854 e dello stesso Ward nel 1858 non permisero l’attuazione del progetto.
Henry de Thierry, di famiglia inglese, nacque in provincia di Lucca nel 1819. Si trasferì a Genova e nel 1874 decise d’investire il suo capitale nelle Foreste e Miniere del Monte Penna e nelle miniere di Ferriere.
Aprì quindi la strada carrozzabile da Santa Maria del Taro verso il Monte Bocco e Borzonasca e costruì una centrale elettrica ed un albergo lungo lo stesso itinerario. Dapprima l’industria di De Thierry si dedicò a lavorazioni tradizionali del legname e realizzò a Santa Maria del Taro una moderna segheria.
Per ovviare alle difficoltà di trasporto del legname nel 1879, l’imprenditore decise di installare anche una moderna teleferica, con carrelli di andata e ritorno, che scendeva dal Monte Carignone (successivamente dal Passo dell’Incisa) a Santa Maria e viceversa.
Un’opera straordinaria, unica in Italia. Da notare che nel l897 l’azienda si dedicò anche alla distillazione del legno di faggio. Si produceva acido pirolegnoso greggio da cui veniva ricavato alcool metilico, acido acetico e catrame. Restava quindi, come residuato, il carbone a legna.
De Thierry partì da Santa Maria nel 1905 e le sue industrie cessarono ogni attività durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1953 fu rimossa anche la teleferica, lunga più di sette chilometri. La Casa del Penna, voluta dallo stesso magnate inglese nel 1878, divenne in seguito un osservatorio meteorologico e dal 1925 un punto di riferimento per gli escursionisti del CAI. Finiva cosi una storia gloriosa fatta di baracche, di carbonai, di mulattieri, di teleferiche e, soprattutto di fatiche umane.

Piero Campomenosi

(Articolo tratto dal N° 11 del 19/03/2015 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Francesco Favalesi)

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