Guadi, ponti e teleferiche

Gli attraversamenti dei fiumi e dei torrenti in piena furono di grande impedimento alla viabilità del passato, tanto da costringere il viandante a scegliere, secondo i diversi casi, percorsi alternativi. La maggior parte dei corsi d’acqua era superata a guado, scegliendo punti di passaggio pianeggianti ed ampi, dove le acque scorrevano più lentamente e il sottostante greto era possibilmente uniforme.
I muli delle carovane potevano guadare il torrente in piena senza problemi, purché il livello dell’acqua non arrivasse a lambire
il ventre dell’animale, in tal caso rischiavano d’essere travolti dalla corrente.
Molto più difficoltoso era il transito dell’uomo. In certi guadi vi erano le passiere. Pietre abbastanza alte e appositamente sagomate, piantate saldamente sul greto e distanziate fra loro di circa un passo, poste in fila a collegamento delle due opposte rive.
II viandante poteva passare su queste mantenendosi in equilibrio con l’aiuto di un lungo bastone, ma quando la piena aumentava venivano ricoperte dalle acque, in questo caso bisognava ricorrere ad altri mezzi.
Fra questi vi erano i trampoli (sgaràmpi). Certi uomini abili e robusti, dietro compenso, si prestavano a traghettare a spalle sull’altra riva uomini e donne servendosi, secondo l’occasione, di trampoli di diverse altezze.
I mulattieri in queste circostanze guadavano cavalcando un mulo.
Altro mezzo utilizzato dall’uomo per superare un torrente in piena era la passerella.
La passerella era formata da due lunghi tavoloni, mediamente larghi 40 centimetri, appoggiati uno dopo l’altro sopra una fila di cavalletti di legno, saldamente piantati sul greto, in corrispondenza del guado.
I tavoloni erano soltanto appoggiati sui loro sostegni e non erano collegati tra loro. Ognuno di questi aveva un’estremità fissata alla riva per mezzo di una robusta catena. La passerella raramente aveva protezioni laterali. Chi l’attraversava non doveva soffrire di vertigini e doveva evitare d’osservare la sottostante vorticosa corrente che poteva fargli perdere il senso d’equilibrio. La passerella diventava inutilizzabile quando la piena saliva oltre l’altezza dei cavalietti. In tal caso i due tavoloni, trascinati dalla corrente, andavano a galleggiare lungo le opposte rive, trattenuti dalle robuste catene. Cessata la piena, occorreva ricollocarli sui cavalletti nella loro posizione iniziale.
Il ponte era il mezzo più sicuro e affidabile per superare i torrenti. Al contrario del guado, il ponte di legno ad unica campata era posto sui torrenti, preferibilmente fra rive alte e ravvicinate formate da solidi massi.
Le due pile erano completate con grosse pietre sistemate a secco, fino a raggiungere l’altezza voluta, su queste poggiavano grossi tronchi d’albero strettamente affiancati che formavano la base del piano stradale.
Generalmente il legno prescelto era il castagno selvatico, che bene si prestava a quest’impiego per la sua lunga durata. Sui tronchi era sistemato uno strato di pietrisco, trattenuto lateralmente da una bordatura, sempre in legno, fissata alle sottostanti travi portanti.
La larghezza della sede stradale per le mulattiere era di circa un metro e settanta. Da ambo i lati del ponte erano sistemate le protezioni, che non dovevano arrivare all’altezza della soma dei muli per evitare sfregamenti con conseguente rottura dei sacchi.
Questi ponticelli di costruzione semplice erano molto diffusi lungo le mulattiere. Essi potevano resistere alle piene, ma non alle grandi alluvioni.
In questo caso il torrente trascinava a valle molti detriti e alberi interi. Questi andavano ad impigliarsi contro i ponticelli, ostacolando il regolare deflusso delle acque che finivano per travolgere il manufatto.
I ponti ad arco murati con pietre squadrate s’incontravano soltanto lungo le mulattiere medioevali più importanti, ed attraversavano i fiumi e i torrenti maggiori.
Durante il Medioevo il fiume Trebbia, sul tratto a monte di Bobbio, era attraversato soltanto dal Ponte Organasco e forse più tardi da quello di Loco. Poi, nel ‘600, i Doria fecero costruire il ponte di Montebruno.
Oltre Bobbio, scendendo verso la pianura, l’impetuosità della corrente del fiume diminuiva dando luogo a zone di calma dove, fra le opposte rive, venivano traghettate le carovane di muli e i carri tramite appositi natanti.
In diversi casi, come mezzo d’attraversamento dei torrenti, era usata la teleferica, formata da un cavo aereo teso fra le due rive, appeso al quale scorreva un carrello trainato manualmente.

(Brano tratto da “Le antiche mulattiere” di Guido Ferretti, edito dalla Comunità Montana Alta Val Trebbia)

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