1931. Feste…balli…e miseria

E’ nota la disposizione dell’Episcopato Ligure, che vieta ogni solennità religiosa quando in occasione delle sagre vi siano balli pubblici.

Che i balli dovessero scomparire d’un tratto, non c’era nemmeno da pensarlo; ma si poteva almeno sperare che il senso cristiano delle nostre popolazioni dovesse prevalere sullo spirito pagano, tanto da rinunciare -per una volta – a un divertimento profano, piuttosto che sacrificare una festa religiosa. Ci siamo ingannati ! Un coro di proteste si è levato da ogni parte a condannare come una balorda e inopportuna intransigenza la proibizione dei Vescovi: giovani e vecchi si sono ribellati ed hanno detto che …”sono capricci da preti…che hanno sempre ballato…,che la gioventù deve divertirsi…, che non c’è niente di male.. .,che anche la Chiesa ci per­de…, che sono i marinai che guastano il porto, e .. .i preti che guastano la Religione…”. E con questi bei ragionamenti, si è passato sopra alle dispo­sizioni dei Vescovi, e si è ballato, non uno, ma due e magari tre giorni, come niente fosse; e giù improperi e maledizioni ai parroci, perché, fedeli alla consegna, non hanno fatto inviti, non hanno cantato la Messa, non hanno fatto la processione. In un paese, che non nominiamo (per non dire che dev’essere un paese…di canaglie), il furore popolare è giunto fino al segno di dare l’assalto con la sassaiola alla casa del parroco e alla chiesa, fracassandone i vetri e commettendo atti di violenza sacrilega.

Di queste feste, passate finora nei nostri paesi e nei dintorni, ben poche furono rispettate. Una delle poche è stata quella di S. Bartolomeo a Ottone: e ci è caro, a titolo di onore, citarla all’ordine del giorno perché nessuna delle sagre in tutta la Val Trebbia è stata celebrata con tanto splendore e con tanto concorso di gente venuta da ogni parte; e di ciò va data lode allo zelo dell’Arciprete, al buon senso del popolo, alla saggezza del Podestà e del Segretario Politico: segno evidente che tutto è possibile quando le Autorità sono con noi. Ci fu tra la buona gente del popolo, chi ha fatto osservare che la pioggia, veramente benefica e ristoratrice, venuta nella notte, dev’essere stata un premio e un segno tangibile del compiacimento del Signore per una festa non profanata. L’osservazione passi, e valga quel che può valere; ma un’altra osservazione dobbiamo fare, e questa pure l’abbiamo raccolta dalla bocca del popolo che ha buon senso e vede giusto nei suoi apprezzamenti. “C’è la crisi – si dice e…si sente – c’è la disoccupazione – tutti piangono miseria – ma per divertirsi, per fare del lusso, per gozzovigliare, per fare baldoria.. .li trovano pure i denari! Come si spiega ?…

È appunto per far denari, rispondono i capi di festa e.. .gli osti che ordinariamente sono i promotori, gli organizzatori dei balli. E il più delle volte guadagnano, e guadagnano molto; ma le spese sono anche molte, e qualche volta, il guadagno.. .lo pigliano nella schiena.

Sappiamo di un paese dove ci furono per la sagra, non uno ma due balli, tutt’e due frequentatissimi, animatissimi protratti per ben due giorni…e due notti. Per uno solo di questi si ebbero oltre duemila lire di spese, con un introito di appena milleduecento o giù di lì: il resto… sarà andato in beneficenza. Di un altro paese, d’una certa importanza, come stazione climatica e meta di villeggiatura, ci consta che dopo aver ballato due giorni, i capifesta si trovarono con un deficit di duecento lire o press’a poco; e per sanare la ferita – dell’orgoglio e del portafoglio, – non esitar no a subire l’umiliazione di andare a casa per casa a cercare la carità.

Cercare la carità per pagare i debiti del ballo…è un fatto nuovo nei fasti della civiltà umana. Ma quello che più rattrista ed è umiliante, non è la miseria del denaro o quella del pane, che pure sono miserie grandi; ma sono ben altre miserie che l’animo rifugge dal nominare, e che si rivelano nei balli moderni come nelle orge e nelle turpitudini più ributtanti del vecchio mondo pagano.

Per chi è preso dalla frenesia di un tale divertimento, non vi è più nulla di sacro: non le feste della Religione, che vengono ripudiate; non gli affetti e le caste gioie della famiglia, che vengono calpestate; non il rispetto ai poveri Morti, che a pochi mesi della loro scomparsa, vedono la loro casa in lutto tramutata in un orgia danzante, provocando un senso di disgusto in quanti hanno cuore e fede. Quando non si rispettano più…neppure i Morti. . .(giù la penna per non dir di più).

Da La Trebbia del 30 Agosto 1931

(Brano tratto dal libro “Cento anni di storia bobbiese” a cura di Giorgio Pasquali, edizioni “Gli amici di San Colombano”)

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