Salviamo l’agriturismo simbolo della rinascita di Dova Superiore |
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Rassegna stampa - Val Borbera | |||
Scritto da www.giornale7.it | |||
Sabato 09 Gennaio 2021 00:00 | |||
“Sempre aperto” c’è scritto nella pagina Facebook dell’agriturismo Il Maggiociondolo, a Dova Superiore. C’è però il rischio che non sia più così. Il locale è un simbolo in Val Borbera e in particolare della frazione di Cabella Ligure: è stato aperto nel 2000 dopo sei anni di lavori e fa parte del progetto che ha salvato il borgo dall’abbandono, iniziato nel 1984, come si legge sul sito web della frazione, nel 1984, con l’istituzione della “Cooperativa delle Terre Bianche“: l’obiettivo era raccogliere il fieno nei prati, di venderlo e con esso anche alcuni prodotti tipici. I soci costruirono un capannone e nel 1990 una stalla dove da allora sono allevati mucche e vitelli, in estate portati al pascolo. Otto anni dopo è stato ampliato l’acquedotto e da vent’anni si svolge la Festa della Montagna. La mente della rinascita di Dova Superiore è stato don Luciano Maggiolo, parroco del paese, che ora è anziano è teme di non riuscire più a mandare avanti tutta la “baracca”. Così, ha deciso di chiudere la cooperativa e prevede di creare un museo dedicato alla storia contadina nella sede della società. All’agriturismo, invece, ci ha pensato Giacomo D’Alessandro, l’ideatore del Cammino dei Ribelli (“130 km a piedi in 7 giorni nella sconosciuta Val Borbera. Un cammino sociale nella natura selvaggia dell’Appennino tra Liguria e Piemonte, per ascoltare storie sorprendenti e incontrare i testimoni di una ostinata rinascita contadina, sociale, spirituale”), poco prima di Natale ha lanciato un appello su Facebook: “Aiutiamo don Luciano a continuare un sogno”.
L’appello per salvare l’agriturismo di Dova Superiore, Il Maggiociondolo, ha raccolto l’interesse di Maurizio Carucci, fondatore dell’azienda agricola Cascina Barban ad Albera e leader degli Ex Otago, non soltanto per il locale che rischia la chiusura ma soprattutto per la cooperativa Terre bianche, fondata da Don Luciano Maggiolo negli anni Ottanta per fermare lo spopolamento della frazione di Cabella. Obbiettivo raggiunto all’epoca ma ora quell’esperienza si è ormai esaurita e il parroco ha lanciato l’ipotesi di aprire un museo contadino a Dova. Carucci su Facebook ha scritto: “A chi serve un altro museo del mondo contadino? I musei storici, sanciscono la fine delle cose, confinano i fatti e gli oggetti al passato, o comunque, in un’altra epoca, in un’altra società. Io vorrei invece, che i falcetti, i ranghinatori, le zappe, non stessero appoggiati a terra o appesi ad un muro in qualche stanza. Vorrei che continuassero a fare il loro lavoro, nei campi, nelle cascine, in stalla, in mano a contadini e contadine.
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